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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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Platone per chiarire la sua dottrina espone nel VII libro della Repubblica il mito della caverna, con questo mito egli intende spiegare il lento commino del filosofo verso la verità e anche il suo compito rispetto agli altri uomini, da cui viene anche ricavata la morale e il ruolo auto-formativo ed educativo della filosofia.

Platone ci descrive una caverna che ha una parte più interna ed una più prossima all’uscita separate da un muricciolo; nella parte più interna con la schiena rivolta al muricciolo vi sono degli uomini incatenati (che rappresentano l’umanità); dietro di essi al di là del muro vi sono altri uomini che davanti ad un fuoco muovono oggetti di ogni tipo pietre, pezzi di legno, statuette di animali, etc così che questi oggetti produrranno, come una sorta di gioco di ombre cinesi, delle immagini sul fondo della caverna. Gli uomini incatenati vedranno dunque sole le ombre degli oggetti che scorrono sul fondo della caverna e crederanno che queste siano la vera realtà. https://www.studiarapido.it/wp-content/uploads/2017/04/platonecaverna-2.jpg

Questa scena rappresenta la situazione in cui si trovano gli uomini che vivono nella doxa, a livello dell’immaginazione, infatti, essi vedranno per esempio l’ombra di un albero e penseranno che è l’albero, ma non è così. Platone a questo punto ci descrive il caso in cui uno di essi riesce a liberarsi. Una volta liberatosi dalle catene l’uomo vedrà che vi sono dei piccoli oggetti che scorrono al di là del muro e che le immagini visibili sul fondo della caverna sono solo il prodotto delle ombre, questo è il livello della conoscenza sensibile o della credenza, ma non è ancora il livello della verità. http://www.ilsuperuovo.org/wp-content/uploads/2017/10/mito_de_la_caverna.jpg

A questo punto l’uomo si accorge di essere in una caverna e vede la luce che giunge dall’esterno, una luce, che come quella che entra dalla finestra al mattino, ti acceca; ammettiamo poi che egli sia spinto fuori dalla caverna, i suoi occhi non riusciranno ha vedere perché abbagliati dalla luce del Sole, per riuscire ad osservare la realtà circostante dunque l’uomo osserverà il mondo riflesso nell’acqua così da mitigare l’eccesso di luminosità, questo livello è rappresentato dalla ragione speculativa, la Diánoia.

https://www.focus.it/site_stored/imgs/0001/019/2005221145924_5.900x600.jpg

Dopo questo passaggio finalmente l’uomo riesce ad abituarsi alla luce e può finalmente contemplare il cileo e il Sole, questi rappresentano le idee valori ovvero il livello più alto della conoscenza umana. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRjmg5fKZiACx2JpjMIlhDJsCboApYRYpHZMp2He44qPIhOeyo5. Il Sole rappresenta il Bene: come il Sole illumina la realtà sensibile e la rende visibile agli occhi, così il Bene illumina il mondo intelligibile e lo rende comprensibile all’intelletto. Il Bene è l’armonia e l’ordine di tutte le idee, nonché causa della realtà.

Nel mondo conoscibile, punto estremo e difficile a vedersi è l’idea del bene; ma quando la si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò che è retto e bello; e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano della luce (il sole), nell’intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e intelletto. (Platone, Repubblica)

Dal mito e dalla sua interpretazione risulta che vi sono diversi gradi della conoscenza, due sono legati alla conoscenza sensibile e due a quella razionale:

conoscenza sensibile

Eikasía, immaginazione

=======>

mondo sensibile

(opinione)

ombre delle cose

Pistís, credenza

cose mutevoli

conoscenza razionale

Diánoia, ragione speculativa

=======>

mondo ideale

(verità)

enti matematici

Noesis, conoscenza intellettuale

 idee

 

 

Questa allegoria rappresenta anche il percorso intrapreso da Socrate. A questo punto però l’uomo ha un dilemma: rimanere a contemplare la verità fuori dalla caverna oppure rientrare per liberare gli altri uomini? L’uomo, che rappresenta Socrate, decide di rientrare anche a costo di rischiare la sua vita pur di diffondere le verità contemplate, ed infatti, come sappiamo, è quello che fa Socrate, che però non viene accolto come un liberatore ma come un elemento destabilizzante, per cui viene processato e condannato a morte. https://i.ytimg.com/vi/4I6go7OeeI0/hqdefault.jpg Questo accade perché la società è ingiusta e governata da stolti, serve pertanto un nuovo ordine sociale, dove a governare, loro malgrado, vi siano i filosofi.

Il mito (estratto):

«Ora», seguitai, «paragona la nostra natura, per quanto concerne l'educazione e la mancanza di educazione, a un caso di questo genere. Pensa a uomini chiusi in una specie di caverna sotterranea, che abbia l'ingresso aperto alla luce per tutta la lunghezza dell'antro; essi vi stanno fin da bambini incatenati alle gambe e al collo, così da restare immobili e guardare solo in avanti, non potendo ruotare il capo per via della catena. Dietro di loro, alta e lontana, brilla la luce di un fuoco, e tra il fuoco e i prigionieri corre una strada in salita, lungo la quale immagina che sia stato costruito un muricciolo, come i paraventi sopra i quali i burattinai, celati al pubblico, mettono in scena i loro spettacoli».

«Li vedo», disse.

«Immagina allora degli uomini che portano lungo questo muricciolo oggetti d'ogni genere sporgenti dal margine, e statue e altre immagini in pietra e in legno delle più diverse fogge; alcuni portatori, com'è naturale, parlano, altri tacciono».

«Che strana visione», esclamò, «e che strani prigionieri!».

«Simili a noi», replicai: «innanzitutto credi che tali uomini abbiano visto di se stessi e dei compagni qualcos'altro che le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna di fronte a loro?» «E come potrebbero», rispose, «se sono stati costretti per tutta la vita a tenere il capo immobile?» «E per gli oggetti trasportati non è la stessa cosa?» «Sicuro!».

«Se dunque potessero parlare tra loro, non pensi che prenderebbero per reali le cose che vedono?» «è inevitabile».

«E se nel carcere ci fosse anche un'eco proveniente dalla parete opposta? Ogni volta che uno dei passanti si mettesse a parlare, non credi che essi attribuirebbero quelle parole all'ombra che passa?» «Certo, per Zeus!».

«Allora», aggiunsi, «per questi uomini la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti».

«è del tutto inevitabile», disse.

«Considera dunque», ripresi, «come potrebbero liberarsi e guarire dalle catene e dall'ignoranza, se capitasse loro naturalmente un caso come questo: qualora un prigioniero venisse liberato e costretto d'un tratto ad alzarsi, volgere il collo, camminare e guardare verso la luce, e nel fare tutto ciò soffrisse e per l'abbaglio fosse incapace di scorgere quelle cose di cui prima vedeva le ombre, come credi che reagirebbe se uno gli dicesse che prima vedeva vane apparenze, mentre ora vede qualcosa di più vicino alla realtà e di più vero, perché il suo sguardo è rivolto a oggetti più reali, e inoltre, mostrandogli ciascuno degli oggetti che passano, lo costringesse con alcune domande a rispondere che cos'è? Non credi che si troverebbe in difficoltà e riterrebbe le cose viste prima più vere di quelle che gli vengono mostrate adesso?» «E di molto!», esclamò.

«E se fosse costretto a guardare proprio verso la luce, non gli farebbero male gli occhi e non fuggirebbe, voltandosi indietro verso gli oggetti che può vedere e considerandoli realmente più chiari di quelli che gli vengono mostrati?» «è

così», rispose.

«E se qualcuno», proseguii, «lo trascinasse a forza da lì su per la salita aspra e ripida e non lo lasciasse prima di averlo condotto alla luce del sole, proverebbe dolore e rabbia a essere trascinato, e una volta giunto alla luce, con gli occhi accecati dal bagliore, non potrebbe vedere neppure uno degli oggetti che ora chiamiamo veri?» «No, non potrebbe,

almeno tutto a un tratto», rispose.

«Se volesse vedere gli oggetti che stanno di sopra avrebbe bisogno di abituarvisi, credo. Innanzitutto discernerebbe con la massima facilità le ombre, poi le immagini degli uomini e degli altri oggetti riflesse nell'acqua, infine le cose reali; in seguito gli sarebbe più facile osservare di notte i corpi celesti e il cielo, alla luce delle stelle e della luna, che di giorno il sole e la luce solare».

«Come no? » «Per ultimo, credo, potrebbe contemplare il sole, non la sua immagine riflessa nell'acqua o in una superficie non propria, ma così com'è nella sua realtà e nella sua sede».

«Per forza», disse.

«In seguito potrebbe dedurre che è il sole a regolare le stagioni e gli anni e a governare tutto quanto è nel mondo visibile, e he in qualche modo esso è causa di tutto ciò che i prigionieri vedevano».

«è chiaro», disse, «che dopo quelle esperienze arriverà a queste conclusioni».

«E allora? Credi che lui, ricordandosi della sua prima dimora, della sapienza di laggiù e dei vecchi compagni di prigionia, non si riterrebbe fortunato per il mutamento di condizione e non avrebbe compassione di loro?» «Certamente».

 

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