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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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L’originalità dell’Aquinate sta nell’aver saputo adattare Aristotele al dogma cristiano, con alterazioni minime. […] Fu ancor più notevole per la sua capacità di sistemazione che per la sua originalità. Anche se tutte le sue dottrine fossero sbagliate, la “Summa” rimarrebbe un imponete edificio intellettuale. (Russell, Storia della filosofia occidentale)

Tommaso d’Aquino (1225-1274) è il maggior rappresentante della Scolastica del XIII secolo, cioè di quella tradizione di ricerca e di insegnamento su questioni teologiche, filosofiche e scientifiche che, a partire dall’età carolingia, ha caratterizzato la cultura medievale.

Nacque a Roccasecca e ricevette la prima formazione nell’abbazia benedettina di Montecassinohttps://slideplayer.it/slide/976749/3/images/4/Il+monastero+di+Montecassino.jpg, con la speranza che diventasse il futuro abate. Da adolescente studiò invece a Napoli, dove ebbe il primo incontro con la filosofia e la dottrina di Aristotele e, in particolare, entrò in contatto con l’Ordine dei domenicani; questo incontro lo spinse a prendere l’abito domenicano nel 1244 https://www.avvenire.it/c/2016/PublishingImages/5941ba6255994e22842f69d7cd6dccb7/unnamed.jpg?width=1024. A questa scelta si oppose la sua famiglia perché entrare a far parte di un Ordine mendicante non avrebbe portato rendite. Per questo fu rapito da due dei suoi fratelli e ricondotto a Roccasecca, dove restò per un anno a causa dell’obbligo imposto dalla famiglia. Quando riuscì a liberarsi dalle resistenza imposte dai suoi familiari, Tommaso fece ritorno all’Ordine: a Napoli prima e successivamente a Parigi. La personalità di Tommaso è particolare: appare silenzioso e ritratto, preferisce lo studio a qualsiasi altra attività, non ama né la vita mondana né la disputa. Queste caratteristiche gli procureranno il suo celebre soprannome di bue muto, bue perché massiccio di corporatura. https://www.ilpresepedinapoli.it/1652-large_default/bue-alzato.jpg Trasferitosi a Colonia entra a far parte degli allievi del grande intellettuale dell’epoca Alberto Magno, che subito rimarrà colpito dall’acutezza e dall’intelligenza del giovane Tommaso, i narratori della sua biografia hanno tramandato in proposito che Alberto, dopo avergli sottoposto un complesso problema teologico, esclamò: «Noi lo chiamiamo bue muto, ma egli con la sua dottrina emetterà un muggito che risuonerà in tutto il mondo»https://i.pinimg.com/originals/88/8b/5f/888b5fa9937bf0c46b2345a6e02866e9.png. Durante i suoi studi universitari conobbe il dibattito intorno ai testi di Aristotele, giunti attraverso le traduzioni di Averroè e dei filosofi arabi. La questione era se la filosofia, che si basa sull’indagine razionale, sia una via percorribile per raggiungere la verità, oppure conduca a conclusioni opposte alla rivelazione divina, contenuta nelle Sacre Scritture. Basandosi su una nuova traduzione di Aristotele grazie a Alberto Magno e Guglielmo di Moerbeke, Tommaso sviluppò una propria interpretazione della filosofia aristotelica, in armonia con le Scritture e i Padri della Chiesa e in contrasto con le tesi di Sigieri di Brabante, sostenitore dell’averroismo latino. Nonostante ciò, alcune tesi di Tommaso furono condannate dal vescovo di Parigi, nel 1277, quando scoppiò un’altra volta la polemica contro l’aristotelismo cristiano. Nel 1248 l’Ordine fondò un nuovo luogo di studio a Colonia https://image.shutterstock.com/image-vector/albertus-magnus-known-saint-albert-260nw-1381866071.jpg la cui organizzazione fu affidata ad Alberto Magno che scelse come assistente Tommaso. Nel 1256 Tommaso divenne maestro, nel 1261 iniziò a insegnare ad Orvieto e nel 1265 fondò uno studio a Roma. Insegnò anche a Parigi (1268) e a Napoli (1272). In questi ultimi anni di insegnamento scrisse la Somma teologica. Morì nel 1274.

  La verità e la beatitudine ultraterrena

Nella Somma contro i Gentili (composta tra il 1259 e il 1265) Tommaso elabora una riflessione intorno alla verità divina. Ritiene che la verità sia unica in quanto deriva solo da Dio https://www.piccolifiglidellaluce.it/pfdl/images/nuoveimmagini/triduopadre.jpg e quindi non siano date verità di ragione che in qualche modo possano contrastare con quelle di fede. Vi sono delle verità che possono essere colte tramite la ragione umana https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcTT1p0FigXHCpzOjvheQLRO1JnG3u7bS_Pfg9OmdV__dX51lGHk  (come la verità altissima dell’esistenza di Dio) e quelle che possono solo essere credute per fede https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcRywBZLQEw6xR-vC9XSyca5MdRqjY-G0uyhjze2LGNSUybdenhx perché indimostrabili tramite la razionalità (come ad esempio l’incarnazione, la risurrezione e la Trinità).  Questo porta a elaborare la distinzione tra teologia razionale o naturale (consiste nella somma di quelle verità su Dio che possono essere conosciute dalla ragione umana senza aiuto della Rivelazione) e teologia soprannaturale che invece si basa sul contenuto della Rivelazione e usa la ragione per comprenderne il significato.

Vi sono quindi alcune cose intelligibili divine accessibili alla ragione umana. […] Ma le verità che non possono essere investigate con la ragione umana devono essere ritenute per fede. (Tommaso d’Aquino, Somma contro i Gentili)

Le verità che possono essere colte dalla ragione sono comunque oggetto di fede perché altrimenti solo poche persone riuscirebbero a coglierle. La teologia diviene, quindi, la via privilegiata per l’accesso alla verità perché va in aiuto alla ragione quando essa si mostra insufficiente per conoscere la verità stessa. Questo aspetto è fondamentale perché permette alla ragione di conoscere il suo limite e quindi impedisce che essa cada nell’errore della presunzione. Tre sono i modi in cui il teologo può avvalersi della filosofia, cioè della riflessione razionale:

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Da qui risulta evidente che in Tommaso non si dà un reale conflitto tra verità di fede e verità di ragione perché entrambe derivano da Dio. Se si danno conflitti tra le due, essi sono solo apparenti e possono essere risolti correggendo gli errori in cui cade la ragione umana.

I principi così innati della ragione si dimostrano verissimi: al punto che è impossibile pensare che siano falsi. E neppure è lecito ritenere che possa essere falso quanto si ritiene per fede, essendo confermato da Dio in maniera così evidente. Perciò essendo contrario al vero solo il falso […] è impossibile che una verità di fede possa essere contraria a quei principi che la ragione conosce per natura. (Tommaso d’Aquino, Somma contro i Gentili, I, 7)

Nella Somma contro i Gentili viene trattato anche il tema della beatitudine ultraterrena. Secondo Tommaso, tutte le cose tendono a Dio in virtù della somiglianza che hanno con l’essenza divina. Per quanto riguarda l’uomo, la somiglianza è data dall’intelletto ed è grazie ad esso che l'uomo si rivolge a Diohttps://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/uploads/2019/09/DioCreatore.jpg. Per Tommaso è infatti l’intelletto ad avere il primato su tutte le altre facoltà, in particolare sulla volontà; di conseguenza, è l’intelletto che nell’uomo muove la sua volontà a raggiungere un certo fine e quindi il fine dell’intelletto costituisce il fine di tutte le azioni umane. Siccome però il fine dell’intelletto è di raggiungere Dio, questo sarà anche il fine di tutte le azioni e di tutti i desideri. Ma è un fine che non può essere raggiunto durante la vita terrena: la felicità dell’uomo sarà quindi una felicità ultraterrena https://i.pinimg.com/474x/f1/c2/af/f1c2af2e402c4facbefbb8a024c4923b.jpg.

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