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Nel 1690 venne pubblicato il capolavoro di Locke, il Saggio sull’intelletto umano, il cui scopo è quello di indagare i fondamenti del sapere umano. L’oggetto del Saggio è l’intelletto, definito come il potere che la mente umana ha di conoscere, ossia di percepire idee.https://www.festivalitaca.net/wp-content/uploads/2015/03/promo-600x321.jpg

Il metodo proposto dall’autore è di indagare l’intelletto sospendendo il giudizio su ipotesi non confermate dall’osservazione. Attraverso l’introspezione l’intelletto deve dunque studiare se stesso senza entrare in questioni metafisiche.

L’intelletto deve quindi provare ad analizzare i propri contenuti di pensiero ricostruendo la loro “storia”, ossia il modo in cui sono stati acquisiti o formati; da qui arrivare poi a stabilire i criteri di certezza e di verità di ogni conoscenza umana. Il saggio si propone di mostrare come ogni conoscenza umana deriva dall’esperienza sensoriale.https://www.micurodime.it/images/psicodramma/uno.jpg

Secondo Locke l’empirismo è l’unica dottrina difendibile, poiché quella concorrente sostiene che nel nostro intelletto vi siano idee innate. Quindi il primo intero libro è una critica dell’innatismo, dottrina trionfante tra i contemporanei di Locke e che riteneva presenti nella mente umana dei principi eterni e immutabili.

L’autore, insomma, ritiene che nessuna conoscenza di alcun tipo preesiste all’esperienza: il nostro intelletto, osserva Locke in armonia con l’empirismo di matrice aristotelica e stoica, “non è diverso da ciò che si suol chiamare una tabula rasa”.

La presunta realtà di principi innati viene confutata dall’autore attraverso una serie di argomentazioni, una delle quali sostiene che se tutte le idee fossero innate dovrebbero essere presenti anche nei bambini e negli “idioti”; ma così non appare affattohttps://st.depositphotos.com/1742172/4745/v/950/depositphotos_47457871-stock-illustration-cartoon-empty-headed-woman.jpg. Inoltre tende a mostrare come sia inutile persino pensarle, poiché tutti gli uomini sono dotati di facoltà idonee a formarle da soli; anche proposizioni considerate assiomi sono conoscenze derivate dall’esperienza di casi particolari: è l’esperienza a mostrarci ad esempio che “il rosso non è il blu”https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTe0PSwaM2Xp26BGa454In-7bJO8QBqNsYwpu29U3wjDWpVgh4Osg&s. Locke mostrerà come alcuni principi ritenuti innati trovino il loro fondamento solo nel linguaggio umano, ossia nel significato attribuito alle parole. Inoltre fa riferimento ai resoconti di navigatori ed esploratori nelle terre dei nuovi continenti per dimostrare come la diversità culturale ponga in serio dubbio la validità universale di certi principi e la presunta esistenza di un generale consenso delle genti su alcune credenze e nozioni fondamentali.http://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2014/06/url6.jpeg

Nel secondo libro del Saggio Locke completa la critica all’innatismo, mostrando come tutti i contenuti mentali siano riconducibili a dati forniti dai sensi. E classificabili in idee semplici e complesse (o composte).

sensazione

oggettive     ⇒


soggettive    ⇒

estensione, solidità movimento


colori, sapori

idee semplici

riflessione

    ⇒ dubbio, pensiero
di modo

modo semplice⇒


modo misto⇒

Tempo, spazio, numero, libertà volere, potere


nozioni morali

idee complesse di sostanza

corporee    ⇒


spirituali    ⇒


Dio            ⇒

Idee di oggetti


Idea di IO


Idea di causa prima

di relazione causalità-identità

grande-piccolo

causa-effetto

Poiché alla nascita la mente umana è priva di contenuti conoscitivi, le idee originariamente derivano dai sensi e dalla riflessione:

Tutte le idee che derivano da queste due fonti sono semplici, non ulteriormente divisibili e scomponibili della conoscenza. Le idee semplici di riflessione ci fanno conoscere le operazioni interne di qualcosa che possiamo chiamare spirito o mentehttps://media.licdn.com/dms/image/C560BAQGW0CRUTyx9fQ/company-logo_200_200/0?e=2159024400&v=beta&t=CFoqUuRxSJnky9KZ7l4c8vCN9H8A3Knq9JTdbXrlGw0, mentre le idee semplici di sensazione ci mettono in relazione mediante il nostro corpo con il mondo esterno.https://irp-cdn.multiscreensite.com/09c7882c/import/base/img.LTE3MjEzMTQ1OTQ.jpeg 

Nel percepire le idee semplici l’intelletto è passivo, ossia non può rifiutarsi di riceverle, non può ignorarle, né può alterarle o cambiarle. Ciò prova che non può essere l’intelletto a produrle.

Riguardo alla fedeltà o adeguatezza delle nostre rappresentazioni alla realtà esterna egli recupera la distinzione tra qualità primarie e secondarie: le prime sono fondate sulle proprietà oggettive delle cose e producono in noi idee semplici come quelle di estensione, solidità, movimento che sono dunque nelle cose così come noi le percepiamohttps://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTE9l0RKMaqF4jhwxKrpM_amS-HpAORthsucHraxphhAeaUBKtA&s; le seconde, per esempio i colori, sono soggettive e dipendono dai nostri organi di senso.https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRbG7nARirF1yVHmytKqahKU_5p3Id2Pnhh2R1neso-QA0_p2SH5g&s

Una volta ricevuti i dati conoscitivi dai sensi, l’intelletto, combinando, confrontando o separando tra loro le idee semplici, inizia a comporre idee complesse. Benché la mente non possa dunque creare i contenuti elementari essa si attiva nella formazione di idee complesse a partire dalle idee semplici.https://cdn.pixabay.com/photo/2017/04/05/15/04/chicken-2205233_960_720.jpg

Sensazione e riflessione forniscono dunque il materiale con il quale l’intelletto costruisce il sapere complesso. Locke ritiene che esse si possano dividere in tre principali categorie:

Le idee di modo si dividono a loro volta in idee di modo semplice e misto: nel primo caso, si tratta della ripetizione della stessa idea semplice, nell’altro di combinazioni di idee semplici diverse.

Di particolare importanza, tra i modi semplici, sono le idee di tempo, di spazio e dei numeri. Il tempo è l’idea ripetuta di durata, che otteniamo dall’avvicendarsi delle idee nella nostra mente; lo spazio, invece, è l’idea ripetuta di distanza, che avvertiamo tra due o più rappresentazioni nella stessa percezione. Conseguentemente anche delle idee dell’infinito e di eternità non abbiamo una conoscenza diretta. Le idee dei numeri derivano dalla ripetizione dell’idea di un’unità.https://thumbs.dreamstime.com/z/tempo-e-spazio-6229895.jpg Anche l’idea di potere rientra nell’analisi del gruppo delle idee di modo semplice: potere è l’idea ripetuta di un’attività causale. L’idea del volere è l’idea di un particolare potere, attribuibile all’uomo, di iniziare un’azione sulla base di una preferenza della mente. La libertà è invece il potere di compiere o non compiere l’azione voluta.

Tra le idee di modo semplice vi sono anche quelle di bene e male, riferite rispettivamente a ciò che reca piacere e a ciò che arreca danno.

Le idee di modo misto derivano invece dalla composizione di più idee semplici diverse tra loro. È nella loro elaborazione che secondo Locke è più riconoscibile il potere attivo della mente nella formazione di conoscenze complesse. Le idee di modo misto infatti possono prescindere dal riferirsi a una realtà effettivamente esistente fuori dalla mente. A questo genere di idee appartengono tutte le nozioni morali e di valore, come la bellezza, la sincerità, l’ipocrisia, con le quali l’intelletto umano elabora esso stesso degli archetipi.

Le idee di relazione nascono invece da un confronto tra le idee dell’intelletto. Idee di relazione sono, ad esempio, grande e piccolo o debole e forte, ma anche le idee d’identità e di diversità.

La principale idea di relazione studiata da Locke è quella di causalità, per la quale due idee si congiungono tra loro, richiamandosi l’un l’altra in qualità di causa e effetto: così il calore è causa della cera che si scioglie in una candela accesa; e la cera che si scioglie è effetto del calore.https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcT0kdpPG_6Wu6LkRwYcI1bfLEuJtAg6n1Tbxmq1SdK6d2uEf5G0&s

Ma è l’indagine del secondo gruppo di idee complesse, quelle di sostanza, che costituisce il nodo problematico dell’intero Saggio, giacché sia le idee di modo, sia di relazione non sussistono di per sé ma sempre in riferimento a delle cose, o sostanze.

Locke fa riferimento ad un’accezione tradizionale, aristotelico-scolastica della nozione di sostanza, quale realtà di per sé sussistente cui ricondurre qualità e poteri, che da soli non potrebbero sussistere.https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcR2EEkh2BgFngDA6sbm8LzYsAUy8Q5Bnnb8z08q447aCHWSX91wSQ&s

Per l’autore, le idee di sostanza sorgono perché l’intelletto constata per esperienza come alcune idee semplici o certe idee di modo siano costantemente unite fra loro; e pensa che vi sia un substratum, un qualcosa, che invece esiste senza dipendere da altro e che fa loro da supporto. Ad esempio, l’esperienza mi ha mostrato che il rosso, la dolcezza, la ruvidità sono sempre in connessione con la percezione di un corpo e, poiché non possono sussistere da sole, le riferisco tutte all’idea di un unico sostrato corporeo, di un qualcosa che sia il fondamento della loro costante congiunzione.

A prescindere dalle sue proprietà e qualità sensibili, l’idea di una sostanza rimane però ignota: è semplicemente una supposizione della nostra mente che nasce dalla constatazione di “un certo numero di queste idee semplici che vanno costantemente insieme”.

Tale substratum è ignoto perché non è riconducibile a nessuna esperienza sensibile; insomma: la nostra mente combina insieme una serie di qualità, per riferirle a una sostanza che dovrebbe fare loro da supporto; ma all’interno dell’esperienza dei sensi e della riflessione non troviamo mai alcuna cono scienza diretta di questo presunto sostrato o sostanza.

Analogamente, con la riflessione non cogliamo direttamente la nostra mente, ma sempre e soltanto un io che pensa, dubita, odia ecc.https://www.ilgrafema.it/wp-content/uploads/2017/10/grammatica-nomi.jpg Ciò non significa che non “esista una qualche costituzione reale”, anzi esiste senza dubbio, visto che le idee semplici di sensazione ci mettono in comunicazione con qualcosa che è fuori dalla nostra mente; il punto è che l’uomo non può conoscere che cosa siano di per se stesse queste sostanze. Ne conosce proprietà, poteri, ma non l’essenza, che è l’attributo principale, la loro essenza intima.

Secondo Locke l’illusione di conoscere la sostanza risiede soprattutto in una falsa apparenza prodotta dal nostro linguaggio che ci porta a scambiare i nomi per le cose.

La nozione di essenza reale, che indica la proprietà costitutiva della sostanza, viene così confusa con quella puramente nominale, che è perfettamente conoscibile, perché soltanto utile a classificare convenzionalmente le sostanze in generi e specie.

sensazione

oggettive     ⇒


soggettive    ⇒

estensione, solidità movimento


colori, sapori

idee semplici

riflessione

    ⇒ dubbio, pensiero
di modo

modo semplice⇒


modo misto⇒

Tempo, spazio, numero, libertà volere, potere


nozioni morali

idee complesse di sostanza

corporee    ⇒


spirituali    ⇒


Dio            ⇒

Idee di oggetti


Idea di IO


Idea di causa prima

di relazione causalità-identità

grande-piccolo

causa-effetto

 

Nel terzo libro Locke si accorge bene che “c’è une connessione così stretta fra le idee e le parole” che è impossibile indagare la conoscenza senza prima chiarire anche “la natura, l’uso e il significato del linguaggio”. Lo stretto legame dipende dalla convinzione che le parole siano “segni delle idee”, simboli che richiamano le idee delle cose. Il linguaggio nasce dunque dalla necessità di comunicare ed è, in quanto tale, convenzionale: a tal fine i nomi rendono generali e quindi comunicabili le nostre esperienze. I nomi generali sono dunque simboli di idee complesse che si formano attraverso un processo di astrazione o separazione che elimina quelle determinazioni che fanno di ogni idea un qualcosa di unico e particolare.http://symwriter.auxilia.it/images/p026_1_04.png

Reali non sono dunque le idee generali, ma i particolari concreti che esse rappresentano. Questa posizione è detta nominalistica ed in età moderna era stata difesa già da Hobbes e Gassendi.

Le essenze nominali sono perciò perfettamente conoscibili, perché sono gli uomini a elaborare, attraverso definizioni puramente linguistiche, che si riferiscono a idee generali o astratte. Ma in questo caso l’essenza si riferisce soltanto a un’idea generale di uomo e non indica l’essenza reale, che è la natura da cui dipendono tutte le sue proprietà, concrete e individuali. A differenza di un’idea generale, l’idea di sostanza intende infatti essere qualcosa di reale, ossia il sostrato, il supporto effettivo di qualità e operazioni individuali, concrete.

L’ultimo libro del Saggio indaga limiti e gradi della conoscenza umana. Per Locke conoscere significa percepire l’accordo o il disaccordo tra idee. Egli distingue tre modalità di conoscenza, che può essere intuitiva,https://www.libero-arbitrio.it/wp-content/uploads/2014/11/intuito2.jpg se coglie immediatamente l’accordo o il disaccordo, dimostrativa,https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQcaaUt2T7_Jo6wn38IEp3I6UIJTrRnVjfVs82NyTYsmaa3KYG3&s se concatena certezze intuitive, o sensoriale, se invece consiste nella sensazione attuale. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRDdzjBsx9kapBVG7BHL-BdGrYicvnxZao3uNV-rwa2ZcoL30wE&s

Tutta la nostra conoscenza più solida, secondo l’autore, dipende da queste modalità che, però, presentano gradi, limiti diversi di evidenza e confini di estensione. È evidente al massimo grado l’intuizione, mentre la conoscenza dimostrativa, le cui prove dipendono da intuizioni tra loro connesse, presenta minor chiarezza. Ma è da attribuire un’evidenza ancora minore alla conoscenza sensoriale, che rende certi dell’esistenza di qualcosa di reale ma senza dare garanzie di verità. Tuttavia Locke chiarisce che, anche il sapere più chiaro ed evidente (intuizione), ha comunque dei limiti.

Siccome, come abbiamo visto, conoscere significa confrontare idee, ecco che incontriamo il primo limite della nostra conoscenza: è impossibile avere conoscenza di ciò di cui non abbiamo idea. Ma, non soltanto la nostra conoscenza non può andare oltre le nostre idee, è perfino più ristretta di esse! Questo, il secondo limite, sta nel fatto che l’uomo non può estendere la conoscenza intuitiva a tutte le relazioni fra idee.

Laddove le idee non sono chiare e distinte, ma oscure e confuse, si vanifica la possibilità di avere evidenza intuitiva e dimostrativa. Il sapere certo ha, dunque, anche un confine ben preciso: nell’ambito della certezza, intuizione e dimostrazione riguardano soprattutto le idee, più che la realtà. Infatti i saperi come la morale, la matematica e la geometria hanno come loro oggetti idee complesse, che nascono e vengono elaborate dalla mente umana, per poi essere riferite e applicate alla realtà. Per Locke, quindi, noi non conformiamo le idee alla realtà ma, al contrario, conformiamo la realtà alle nostre idee.

La sola conoscenza che è in grado di mettere in contatto il mondo mentale delle idee e la realtà esterna è quella sensoriale, per mezzo di cui possiamo attestare l’esistenza di oggetti. Il limite della certezza sensoriale, però, è che solo l’attualità della sensazione permette di affermare con certezza l’esistenza delle cose esterne.

Noi, però, possiamo avere certezza intuitiva del nostro essere e certezza dimostrativa dell'esitenza di Dio. Possiamo, prima di tutto, essere certi del nostro io perché ne abbiamo conferma immediata e costante dall’esperienza: quando dubitiamo o, ancor di più, proviamo dolore, siamo tanto certi della nostra esistenza quanto dell’esistenza del dolore che proviamo.https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRCYNU7E0roXv_HyZotMdrfy8EgukHYb663SBPsFvbAYe0mPX0r&s 

Ma anche l’esistenza di Dio, nonostante l’uomo non ne abbia alcuna idea innata, è perfettamente dimostrabile, in quanto, dal momento che qualcosa esiste, qualcosa deve esistere fin dall’eternità. Infatti è intuitivamente certo, proprio come nel caso del nostro esistere, che dal nulla non nasce nulla e, poiché l’uomo non ha necessità di esistere, né dall’uomo né dal nulla può aver avuto inizio la propria esistenza. La nostra esistenza ha bensì origine da Dio, l’ente che esiste necessariamente di per sé. http://www.ilmonteanalogo.it/wp-content/uploads/2018/04/dio-creatore-e1525268411740.jpg

Di Dio possiamo anche sapere che si tratta di un ente pensante, perché è causa dell’uomo che è pensante (e l’effetto non può essere più reale della sua causa), ma anche che è immateriale, questo perché, come aveva affermato anche Cartesio, è impossibile attribuire alla materia un’autonoma e spontanea capacità di agire.

Non è possibile conoscere la sostanza, e quindi l’intima essenza, non solo delle cose che esistono fuori di noi, ma anche dell’io e di Dio: il nostro sapere rimane perciò estremamente circoscritto e limitato e, di conseguenza, pur essendo sufficiente a soddisfare tutti gli scopi umani, la comprensione dell’intelletto è estremamente ridotta. Locke osserva che il nostro intelletto è come una candela, che è capace di far luce intorno a noi ma non può certo eguagliare l’intensità della luce solare.

Perfino la questione che riguarda la materialità o l’immaterialità della mente umana non è risolvibile con assoluta certezza poiché, seppure è irragionevole pensare -come Hobbes- che la materia abbia il potere autonomo di pensare, non possiamo comunque escludere che Dio, nella sua onnipotenza, abbia aggiunto al cervello questo potere eccezionale.

Oltre che di conoscenza intuitiva, dimostrativa e sensibile, Locke parla anche del vasto sapere probabile, in cui la concordanza tra idee è solo supposta. Con questo si vuole affermare che, della realtà, non si avrà mai scienza, ma soltanto conoscenza probabile. Il giudizio umano compensa, infatti, ciò di cui non può essere completamente certo soppesando diversi gradi di probabilità. https://image.slidesharecdn.com/calcolodelleprobabilita-180919203737/95/calcolo-delle-probabilita-1-638.jpg?cb=1537389621

Giunto a questo punto, Locke, rielaborando una distinzione già formulata da Boyle, individua un ambito del sapere in accordo con la ragione, un altro contrario e, infine, uno superiore alla ragione, che è proprio della fede. Egli distingue quindi tra proposizioni costruite su idee chiare e perfette, che costituiscono l’ambito della conoscenza razionale, proposizioni contrarie alle nostre idee chiare e perfette, che risultano estranee sia alla ragione che alla fede e, quindi, non hanno alcuna validità conoscitiva e, infine, proposizioni superiori alla nostra ragione, esse rappresentano l’ambito di competenza della fede, una conoscenza rivelato per via sovrannaturale, a cui la ragione, da sola, non sarebbe mai potuta pervenire. Ma, benché superiori, i contenuti della fede non sono contrari a quelli della ragione, dunque non è giustificabile, a parere dell’autore, il fanatismo religioso, che spinge a credere nell’assurdo.

Ne La ragionevolezza del cristianesimo (1689), Locke mostra come il cristianesimo, se liberato dai dogmi inutili, non sia affatto in contrasto con la ragione. Locke individua nella Fede in Cristo e nel suo messaggio salvifico l’unico dogma costitutivo di ogni cristiano; il cristianesimo è quindi ragionevole perché, seppur non può essere provato, non propone niente di irrazionale.

La conoscenza umana

si divide

conoscenza intuitiva per cui si ha:

conoscenza dimostrativa per cui si ha: conoscenza sensibile per cui si ha

certezza intuitiva

ad esempio il proprio "io"

certezza dimostrastrativa

ad esempio Dio

certezza sensibile

ad esempio del mondo esterno

tuttavia nessuno di esse ci permette di conoscere la sostanza

pertanto si ha

sapere probabile sulle sostanze del mondo fede per quanto riguarda la sostanza divina