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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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La volontà di vivere nell’uomo si manifesta nel desiderio, desiderare è dolore, perché si soffre per la mancanza dell’oggetto desiderato https://www.nostrofiglio.it/images/2020/07/21/volpe-uva_900x760.jpg, da che l'uomo oscilla tra il dolore e la noia, essa segue all’appagamento del desiderio, fino a che non sopraggiunge un nuovo desiderio. La falsa felicità è solo l'attimo di cessazione del dolore nel momento in cui si ottiene ciò che si desidera, ma è effimera e inconsistente perché ad essa subentra subito la noia. La vita umana è un pendolo che oscilla costantemente tra il dolore e la noia. http://www.liceoausiliatricepd.it/wp-content/uploads/2018/03/index.png

Tutta la vita umana scorre tra il desiderio e la soddisfazione. Il desiderio è per sua natura dolore: la soddisfazione si traduce presto in sazietà. Il fine, in sostanza, è illusorio: col possesso, svanisce ogni attrattiva; il desiderio rinasce in forma nuova e, con esso, il bisogno. (Schopenhauer, Il mondo come volontà e come rappresentazione)

In effetti, anche se vi sono dei momenti di piacere, non si tratta di un piacere pieno, cioè positivo, che vale in sé, ma di un piacere negativo, derivato dal dolore che momentaneamente allevia. Ciò che è originario, irriducibile, primo e vero è in effetti il dolore.

La felicità non è una sensazione di gioia spontanea […] ma sempre bisogna che sia l’appagamento di un desiderio […] ossia di una mancanza, che è la condizione preliminare di ogni piacere. (Schopenhauer, Il mondo come volontà e come rappresentazione)

La stessa gioia dell’amore è pertanto un’illusione, anzi un inganno della volontà per perpetuare se stessa attraverso la propagazione della specie. http://ing.uniroma2.it/files/2017/10/abc-della-riproduzione.jpg

L’amore sentimentale, celebrato dai poeti, è nient’altro che desiderio sessuale, strumentale alla spinta della volontà. Ma la conseguenza di ciò è generare un altro essere che sarà costretto a soffrire e pertanto l’amore risulta  agli occhi di Schopenhauer un vero e proprio crimine. https://www.tag24.it/wp-content/uploads/2014/07/scena-del-crimine-CSI_h_partb.jpg

 L’uomo, in quanto consapevole dell’oggettivazione della volontà, può sottrarsi alla volontà stessa.

E se un uomo riesce a farlo completamente tutta la volontà ne sarà annientata, perché la volontà, sottraendosi al principio di individuazione, è sempre tutta intera in tutto.

Un modo rapido di annientamento potrebbe parere il suicidio, ma è esattamente il contrario: infatti il suicidio annienta solo la vita del suicida non la volontà. https://1.bp.blogspot.com/-DrvBwTe4qiw/XMi8-LYwPHI/AAAAAAAAtKA/l2jxzG8ZamglJ6sXbt52TzJhBAk_b-qTgCLcBGAs/s1600/catone-uticense1.jpg

Anzi, il suicidio è per l’appunto un disperato atto di volontà che rafforza il primato della volontà. Il suicida afferma il mondo invece di negarlo, anche se sarà un mondo senza di lui.

Per sfuggire alla volontà Schopenhauer individua tre vie https://c8.alamy.com/compit/d8yc9g/i-due-caratteri-di-tre-strade-rosso-guardare-i-segni-d8yc9g.jpg ma due di esse sono solo momentanee. La prima è l'arte che permette di contemplare gli archetipi in modo disinteressato quando invece la scienza lo fa in modo tale da rispondere ai bisogni della volontà di vivere. https://www.darlin.it/wp-content/uploads/2016/09/darlin_karin-jurick-paintings-5.jpg Durante la contemplazione artistica la volontà passi in secondo piano, perché il soggetto che contempla le idee, gli aspetti universali della realtà, non è più un individuo particolare che risponde ad esigenze pratiche ma il puro occhio del mondo pertanto l’arte sottrai l’individuo alla catena infinita dei desideri. Un’esperienza catartica che libera il soggetto dal dolore anche se per pochi istanti.

Secondo Schopenhauer si può costruire una gerarchia tra le arti: la prima è l’architettura dove la volontà si rappresenta totalmente nella materia inorganica, poi la scultura, a seguire la pittura e poi la poesia. Tra le diverse arti la più nobile è la tragedia che ripropone il dramma della vita umana. La musica rappresenta il culmine dell’arte, perché essa non rappresenta idee, ma direttamente il senso del mondo, la volontà stessa. La musica infatti non rappresenta alcunché, ma attraverso le emozioni che suscita produce una tranquilla serenità. https://www.stateofmind.it/wp-content/uploads/2018/12/Musica-una-valida-alleata-per-la-regolazione-emotiva2-680x382.jpg Le emozioni infatti sono come svuotate delle esperienze concrete che le suscitano, dalla loro materia, e rimangono pure, astratte, come spiriti.

Tuttavia l’arte non rappresenta una vera liberazione dal dolore ma solo un conforto perché appunto non è in grado di annientare la volontà e il desiderio, ma solo di sospenderlo.

La seconda via è quella morale caratterizzata dal sentimento della pietas o della com-passione. Assumendosi il dolore e le sofferenze degli altri attraverso la giustizia e la carità si pratica un comportamento opposto a quello dettato dalla volontà, per così dire sconveniente al perpetuarsi della volontà stessa che non ha a cuore i singoli ma solo il perpetuare di se stessa. https://www.galileonet.it/wp-content/uploads/2018/11/Proshhenie-i-zdorove.jpg

La giustizia https://thumbs.dreamstime.com/z/statua-della-dea-giustizia-di-justitia-su-cielo-blu-nuvoloso-106683771.jpg, è il primo freno all’egoismo umano alimentato dalla volontà di vivere, ha una carattere negativo perché ci impedisce di fare del male agli altri, riconoscendo agli altri ciò che vogliamo per noi.

Diversamente si persegue la carità https://c8.alamy.com/comp/G0TPF7/teresa-sister-caring-an-old-lady-in-the-prem-dan-home-for-the-sick-G0TPF7.jpg quando si mette in pratica positivamente ciò che lenisce la sofferenza altrui. La carità non è eros che nasce da un desiderio egoistico, ma dall’agàpe ovvero bene disinteressato verso l’altro e come tale si configura come l’unico vero amore. Tuttavia però anche l’etica della pietà non va a tagliare le radici della volontà ed è pertanto transitoria come l’arte, perché essa rimane sempre all’interno della vita e presuppone sempre un qualche attaccamento ad essa.

Diversamente dalle due vie precedenti l’ascesi ha il potere di sconfiggere la volontà e trasformarla in noluntas, ciò si ha rinunciando a tutto ciò che perpetua la volontà, il cibo, il sesso, il piacere, le glorie etc.. https://www.liberopensiero.eu/wp-content/uploads/2017/06/meditazione-buddhista-540x350.jpg L’asceta non cessa di vivere come il suicida, ma vive senza volontà, attraverso il digiuno, la povertà, la mortificazione della carne, l’umiltà e soprattutto la castità.

Una volta liberati dalla volontà si raggiunge il Nirvana https://lamenteemeravigliosa.it/wp-content/uploads/2019/12/figura-in-meditazione-panorama-naturale.jpg che è esperienza del nulla rispetto al mondo, ma non è un nulla in senso negativo di niente, perché in realtà il nulla del nirvana è il raggiungimento del “tutto” in quanto il soggetto si sente completo e non più schiavo del senso di mancanza originato dalla volontà.

All’affascinate teoria di Schopenhauer va però detto che non seguiva da parte del filosofo un’altrettanta condotta pratica.

E neppure sincera la sua dottrina, se ci è lecito giudicare dalla vita di Schopenhauer. Abitualmente pranzava bene, ad un buon ristorante, ebbe molti amorazzi triviali, sessuali, ma non appassionati, era eccezionalmente litigioso ed avaro fuori dal comune. (B. Russell, Storia della filosofia Occidentale).

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