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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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Abbiamo già enunciato l'importanza della matematica per Platone, tale rilevanza diviene paradigmatica se si prendono in considerazione gli indirizzi di ricerca trattati dalle cosiddette "dottrine non scritte". in queste dottrine sembra che il filosofo abbia cercato una struttura fondativa da cui deriva se lo stesso mondo delle idee. Il primo indizio di questo tentativo può essere rilevato già nella Repubblica, dove in modo abbastanza marcato si costruisce una gerarchia a partire dall'idea di bene, che va Intesa non in modo prettamente etico, ma come unità e armonia.

Ora, questo elemento che agli oggetti conosciuti conferisce la verità e a chi conosce la facoltà di conoscere, di’ pure che è l’Idea del Bene; e devi pensarla causa della scienza e della verità, in quanto conosciute. Ma per belle che siano ambedue, conoscenza e verità, avrai ragione se riterrai che diverso e ancora più bello di loro sia quell’elemento. E come in quell’altro àmbito è giusto giudicare simili al sole la luce e la vista, ma non ritenerle il sole, così anche in questo è giusto giudicare simili al Bene ambedue questi valori, la scienza e la verità, ma non ritenere il Bene l’una o l’altra delle due. La condizione del Bene dev’essere tenuta in pregio ancora maggiore (Platone, Repubblica) https://i.ytimg.com/vi/PyYOO1P-l2g/hqdefault.jpg

Alla luce delle dottrine non scritte si può congetturare a grandi linee che al vertice del sistema platonico vi è la coppia di generi massimi “finito” e “infinito” descritta nel Filebo, il cui incrociarsi da origine a tutto ciò che esiste, infatti, tali principi non sono appannaggio esclusivo del mondo ideale, come i generi sommi di cui aveva parlato nel sofista a proposito del rapporto tra idee, e sembrano Invece permeare tutti i vari livelli della realtà, compresa la realtà mutevole imperfetta del mondo sensibile. http://www.fttr.it/wp-content/uploads/2017/03/infinitotao.jpg

 SOCRATE: Abbiamo appena parlato di ciò che è più caldo e di ciò che è più freddo. Giusto?

PROTARCO: Certamente.

SOCRATE: Aggiungi a quelli ciò che è "più secco" e il "più umido", e il "maggiore" e il "minore", e ciò che è "più veloce" e "più lento", e "più grande" e "più piccolo" e quanto abbiamo prima raccolto in unità nella natura che accoglie in sé il "più" e il "meno.

PROTARCO: Alludi alla natura dell'infinito?

SOCRATE: Certo. Dopo di ciò in essa mischiavi la stirpe del finito.

PROTARCO: E quale?

SOCRATE: Alludo a quel genere del finito che ora non abbiamo riunito, dovendo invece farlo così come avevamo fatto con la natura dell'infinito raccogliendola in uno. Ma forse anche ora si farà la stessa cosa, se, radunando quei due, anch'essa diventerà evidente.

PROTARCO: Di quale parli e cosa intendi dire?

SOCRATE: Si tratta del genere di ciò che è "uguale" e di ciò che è "doppio" e di quanto fa smettere che le cose siano opposte fra di loro e avverse, rendendole misurabili e concordi, introducendo in esse il numero.

PROTARCO: Capisco. Mi sembra che tu sostieni che, mescolando questi elementi di cui abbiamo parlato, derivi l'origine di nuove realtà per ciascuna di queste mescolanze.

SOCRATE: Mi pare che hai inteso perfettamente.

(Platone, Filebo)

 È possibile dunque che Platone da principio abbia immaginato che il rapporto finito ed infinito, uno e molteplice o Uno e Diade, per usare termini già noti ai pitagorici, fosse alla base del rapporto tra mondo sensibile e mondo ideale e che poi successivamente abbia esteso tale rapporto anche al mondo ideale, essendo esso stesso caratterizzato da una molteplicità di idee. L’idea che vi siano dei principi primi alla base sia del mondo sensibile sia del mondo ideale può essere inteso come superamento del dualismo presente nei dialoghi della maturità, ma bisogna tenere presente che i livelli e i gradi dell’essere rimangono ben distinti, il superamento riguarda l’origine e il fine, ma non l’idea che vi sia una realtà più degna di un’altra. Tuttavia con questo ulteriore sguardo d’insieme non risulta incoerente la stesura del Timeo, che è appunto la descrizione verosimile di come sia stata generata la realtà sensibile. Questi elementi trovano in parte riscontro nel passo della Metafisica di Aristotele che scrive:

Essendo quindi le Idee cause delle altre cose, Platone ritenne che gli elementi costitutivi delle Idee fossero gli elementi di tutti gli esseri. Come elemento materiale delle Idee, egli poneva il grande e piccolo e come causa formale l’Uno: infatti riteneva che le Idee e i numeri derivassero per partecipazione del grande e piccolo all’Uno. (Aristotele, Metafisica)

Questi principi primi sono stati generalmente interpretati in due modi, come un avvicinamento marcato di Platone alle idee dei pitagorici dopo i sui numerosi viaggi a Siracusa, questa sembra l’ipotesi più probabile viste le testimonianze di Aristotele nella Metafisica così come anche dall’indirizzo preso dall’Accademia non solo nelle vesti dei grandi matematici come Eudosso di Cnido ed Eraclide Pontico (oltre allo stesso Teeteto), ma soprattutto dal genero che ne prese la guida alla morte di Platone, Speusippo. L’altra è un interpretazione contemporanea proposta dagli studiosi dell’Università di Tubinga e di Milano; essa riconduce tali principi ad una visione più simile a quella del fondatore della scuola di Elea Senofane, ovvero marcando la dimensione teleologica dell’essere parmenideo. Sicuramente nella storia del pensiero scientifico antico e poi moderno fino a quello contemporaneo è la prima interpretazione a riscontrare maggior seguito. L’ideale di ogni scienza secondo la tradizione platonica è appunto quello di ricondurre la molteplicità dei fenomeni ad un’unica radice, ovvero passare dal Kaos al Kósmos. Tuttavia ci si può avvalere della seconda per quanto riguarda l’analisi di tale dottrine al fine di elaborare una descrizione complessiva del sistema. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSMhOfA3w7tIYsdsZnhhB5-Nebu75cmdpfwAjszTCZha27X0Qek

Da questa possiamo dire che all’origine di tutto vi è la coppia Uno e Diade, dove l’uno rappresenta la condizione della conoscenza in quanto possibilità di determinare l’indeterminato, ma in ogni caso non è dato l’Uno senza la Diade, quindi risultano due principi coesistenti sullo stesso piano. Da essi scaturiscono la meta-matematica ovvero le idee di relazione che danno origine alla molteplicità delle idee. Subito un gradino sotto vi sono le idee matematiche, già esposte nella Repubblica, che rappresentano la scienza attraverso la quale l’Architetto Divino, il Demiurgo, presentato nel Timeo modella la realtà sensibile, ovvero ordina lo spazio informe la chòra. Tutto il processo può essere sempre costruito a partire dai concetti, come si è detto, di limite ed illimitato. La chòra anche tradotta come ricettacolo o matrice è quella entità senza forma in cui le cose prendono forma, ma essa rappresenta in un certo senso anche il non-essere perché è quella cosa che impedisce al mondo sensibile di essere identico, e dunque avere la stessa dignità, del mondo ideale, non a caso verrà detto che il Demiurgo la ordinerà per quanto possibile, e da cui scaturisce l’affermazione che la descrizione del cosmo non può essere vera ma, come il racconto sulla natura di Parmenide, solo verosimile.

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