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Quando si parla di idealismo o neoidealismo italiano, si fa prevalentemente riferimento all'opera dei due principali esponenti Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Va tuttavia subito precisato che il recupero della filosofia hegeliana in Italia era già avvenuta a partire dalla seconda metà dell'Ottocento con Augusto Vera (1813-1885) e soprattutto con Bertrando Spaventa (1817-1883). Anche in Italia lo sviluppo dell'idealismo, così come era accaduto anche in altri luoghi basti pensare alla Gran Bretagna, era dovuto alla reazione al positivismo, ma, a differenza di altri Stati, in Italia esso diventerà progressivamente dominante nella cultura del paese, oltre che nelle università e nelle accademie. Questo accadrà in particolar modo per l'opera di Giovanni Gentile ancor più che di Benedetto Croce, il cui idealismo è estremamente peculiare, ma entrambi seppellirono completamente tutto ciò che non fosse direttamente riconducibile alla cultura e alla formazione classica e umanistica. Gentile fino alla morte, nel 1944, grazie al fascismo gestirà buona parte della cultura italiana, sarà lui a presiedere l’Accademia dei licei e a curare lo sviluppo dell’Enciclopedia Italiana, oltre a detenere il controllo di importati istituti come la Normale di Pisa. Gli intellettuali che faranno campo a Croce e Gentile saranno moltissimi nella prima metà del Novecento. Dopo la caduta del Fascismo e la fine della seconda guerra mondiale ci vorrà altrettanto tempo affinché in Italia iniziassero ad affacciarsi e ad affermarsi anche altre visioni tanto era stata radicata la cultura idealista nei giovani intellettuali d’inizio secolo e in particolar nella classe insegnante che operava nella scuola e nelle università italiane.