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Il passaggio dal criticismo kantiano all’idealismo si compie con Johann Gottlieb Fichte (1762-1814). Nato in Sassonia a Rammenau http://www.libreriafilosofica.com/wordpress/wp-content/uploads/2014/11/fichte-rammenau-150x150.jpg da una famiglia di umili origini, riesce a studiare grazie all’aiuto di un mecenate presso il prestigioso collegio di Pforta https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSwAj6Xn4qzvV8CjQ_vVrN1YLTtZ2voiBnBUYNT8ITSwKOA5ZvB. In seguito frequento corsi di teologia a Jena e a Lipsia. Nel 1792 scrive il Saggio di una critica di ogni rivelazione in forma anonima per non destare polemiche nel mondo accademico ed infatti nel 1793 riesce ad ottenere la cattedra di filosofia a Jenahttps://media-cdn.sygictraveldata.com/media/800x600/612664395a40232133447d33247d383336343136303033. E dal 1794 inizia la stesura della Dottrina della scienza (da prima scrive Sul concetto della dottrina della scienza o della cosiddetta filosofia e Fondamento di tutta la dottrina della scienza in seguito Sistema della morale secondo i principi della dottrina della scienza nel 1798). La Dottrina della scienza, che Fichte integrerà e rivedrà diverse volte, rappresenta non tanto un opera quanto la visione filosofica generale del filosofo. Nel 1797 Fichte riesce a prendere il controllo del Giornale filosofico, organo di stampa degli intellettuali kantiani a Jena. Malgrado la prudenza adottata nel 1799 viene accusato di ateismo e viene costretto a dimettersi dall’incarico e a lasciare l’Università di Jena. Dopo le dimissioni Fichte si reca a Berlino dove entra in contatto con i romantici Friederich Schlegel ed Ernest Schleiermacher. Nel 1805 ottiene la cattedra a Erlangen e nel 1810 a Berlino dove verrà eletto Rettorehttps://st3.depositphotos.com/5393888/18273/i/1600/depositphotos_182737524-stock-photo-the-humboldt-university-of-berlin.jpg. In particolare dal 1807, quando viene messa in discussione l’indipendenza degli stati tedeschi e della Prussia stessa dall’avanzata dell’esercito napoleonico, Fichte si impegna per esortare la nascita di un'unica nazione tedescahttps://www.progettoprometeo.it/wp-content/uploads/2019/01/AKG3822.jpg. Accanto alla Dottrina della scienza tra le sue opere troviamo: Lezioni sulla missione del Dotto (1794), La missione dell’uomo (1800), Stato commerciale chiuso (1800), L’essenza del dotto (1805), L’introduzione alla vita beata (1806), Tratti fondamentali dell’epoca presente (1807), Discorsi alla nazione tedesca (1808), Dottrina dello Stato (1813). Fichte muore a Berlino il 7 gennaio 1814 per un’infezione di Tifo trasmessagli dalla moglie impegnata a curare i soldati prussiani che combattevano contro Napoleone.

Fichte intende superare la distinzione tra il regno della libertà e quello della necessità https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcQzZdJGk7wCnQs9aTLwID8ZnHQsAiQV1jcgli9aWo-Hr82PPSg7 delineata da Kant nelle sue due prime critiche, ma a differenza di Kant che aveva operato un superamento soltanto ideale per mezzo del sentimento attraverso il giudizio riflettente, Fichte vuole risolvere tale dualismo definitivamente, a partire dalle sue radici, facendo perno sul principio che la ragione agisce liberamente. Tale principio deve essere in grado di dar ragione sia dell’oggetto sia del soggetto. È proprio questa visione che fa si che la filosofia come scienza della scienza ovvero consapevole del proprio principio e capace di mostrarlo, diventa dottrina della scienza.

Tale principio non ha le caratteristiche di un essere assoluto come Dio né di una sostanza parmenidea quanto piuttosto di un’attività https://www.nomesia.com/img/img-intro-IL-PROBLEMA.jpg:

Esso deve esprimere quell’atto che non si presenta, né può presentarsi, tra le determinazioni empiriche della nostra coscienza, ma sta piuttosto alla base di ogni coscienza, e solo la rende possibile (Fichte, Dottrina della scienza)

Per Fichte l’Io non è limitato dalla cosa in sé e non si limita ad ordinare il mondo, ma è un’entità creatrice, è la fonte di tutto ciò che esiste, ovvero non pone la realtà in senso formale come in Kant, ma anche da un punto di vista sostanziale https://images.agi.it/pictures/agi/agi/2017/03/24/214250943-79cf92e3-ae12-40bf-8f06-c38f83e3a62d.jpg. Fichte afferma che esistono solo due prospettive: l’idealismo e il dogmatismo. Dogmatici sono tutti quelli che ammettono l’esistenza della cosa in sé pur affermando al contempo che essa non è conoscibile in nessun modo, essa è dunque un dogma indimostrabile e inaccessibile https://fscomps.fotosearch.com/compc/CSP/CSP213/domanda-globo-archivio-illustrazioni__k2130399.jpg. L’Idealismo invece nega che esista una realtà separata dall’Io che in ogni istante la pone. Secondo Fichte l’oggetto della conoscenza è possibile solo grazie al soggetto conoscente che lo pone, per cui ne segue che la coscienza di qualcosa è in realtà un atto di autocoscienza. Alla base di questo processo vi è l’intuizione intellettuale che consente all’Io di cogliersi come soggetto e come attività. Nell’opera la Dottrina della Scienza Fichte infinitizza l’Io-penso kantiano per renderlo Io-puro https://lamenteemeravigliosa.it/wp-content/uploads/2016/01/mente-attiva.jpg .

L’io-puro o autocoscienza ha tutte le caratteristiche dell’io penso kantiano, e quindi agisce come soggetto trascendentale, ma che non è solo la condizione del sapere ma anche dell’essere: l’io-puro oltre a porre se stesso pone anche la realtà.

Per spiegare l’intera realtà Fichte formula tre principi che corrispondono a tre momenti dell’attività dell’io che sono legati e si succedono secondo lo schema logico di tesi, antitesi e sintesi.

1 - L’IO PONE SE STESSO → Il primo passaggio è che l’Io ponga se stesso come esistente (in questo caso si intende l’Io come assoluto e non come io empirico). Questo ragionamento è condotto avvalendosi del principio di identità (A=A ogni cosa è uguale a se stessa) che ci mostra come innanzi tutto debba valere la relazione Io=Io. Perchè l'IO possa riconoscere l'identità tra i diversi contenuti di pensioero, deve innanzi tutto aver riconosciuto se stesso come identico a sé, ma questo, a differnza del normale principio logico di identità, implica l'esistenza, infatti perché l’Io possa essere uguale all’Io deve necessariamente percepirsi come esistente, questo percepirsi è appunto frutto di un’intuizione intellettuale attraverso cui l’Io si pone e si conosce come autocoscienza (Primo principio-Tesi).

2 - L’IO PONE UN NON-IO → Poiché non esiste pensiero senza contenuto, una coscienza pensante si costituisce come tale solo in rapporto ad oggetti "pensati". Nel porre l’Io è necessario, dunque, che si ponga anche qualcosa che vi si oppone (il mondo) cioè un non-Io (Secondo principio-Antitesi).

3 - L'IO OPPONE, NELL'IO, A UN IO-DIVISIBILE UN NON-IO DIVISIBILE→ L’Io si particolarizza in tanti io empirici finiti e individuali e li pone in rapporto con il non-Io. Il non-Io, tuttavia, limita soltanto l’io empirico, l’Io assoluto resta libero e infinito in quanto è lui stesso a porre tale limite (Terzo principio-Sintesi).

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La conoscenza ha luogo nel momento in cui un non-io (oggetto) s’impone dall’esterno ad un io, limitandolo; tuttavia il non-io è prodotto dall’io assoluto tramite una produzione inconscia compiuta dall’immaginazione produttiva (che a differenza di quella kantiana non produce solo schemi ma anche il materiale empirico), da ciò consegue che solo nel momento in cui l’Io assoluto conferisce senso al non-io esso persiste e questi ha valore ontologico solo se riconosciuto dall’io.

Il soggetto conoscente può superare il limite e sapersi autore di esso (del limite) rendendo consapevole quell’atto dell’immaginazione produttiva. In questo modo è superato il dualismo tra conoscere ed essere.

In questo processo il mondo viene assimilato dall’uomo, o, per meglio spiegarsi, la realtà viene umanizzata: il processo di umanizzazione della natura, ovvero di spiritualizzaione della realtà esterna, avviene attraverso l’imposizione di un senso umano e spirituale a ciò che apparentemente ne è privo https://conoscoilcane.altervista.org/wp-content/uploads/2018/02/Umanizzare-il-cane-siamo-alla-deriva.jpg.

Il compito dell’Io, dunque, è quello di rimuovere ogni ostacolo del non-Io per realizzare la propria libertà https://lh3.googleusercontent.com/proxy/uGNR10v_mVjoC4fBk9QsIOw9dp5otisqLjjwSWPMwTBn5fr7huonHLYGr9H-ahc94Tm3NRSR0PV3JtWH2n3iHNgvdMpaTE-2Fd-wyYiC8i9ZSOP364s, ciò avviene attraverso uno sforzo, una tensione (streben in tedesco), così si configura il processo di umanizzazione della natura: attraverso la formulazione delle leggi, attraverso la costruzione delle opere https://i.imgur.com/CPBYp0j.jpg, attraverso il senso che viene dato alla natura stessa.

Etica morale e politica

L’Io assoluto pone il non-io per affermarsi come azione e libertà: Fichte presenta così il suo idealismo come un idealismo etico che pone il primato dell’agire sul conoscere. Per Fichte vi è un primato dell’agire sul conoscere e questo deriva dal fatto che l’azione si fonda sul riconoscimento riflessivo che il non-io è posto dall’Io assoluto: I’Io è innanzi tutto atto https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcSdw128MeHnhDcKK_-OwvVcHOezUXoQgiLBS4eWYiIF7ZpDv3BI perciò la realtà dipende dall’azione morale dell’uomo. L’io-empirico deve guadagnarsi la libertà, ciò è possibile solo se l’io non si fa vincolare dal non-io al quale deve imporre le sue leggi.

Quando l’io pone le sue leggi al non-io, ovvero alla natura, si ha il processo di umanizzazione cioè l’imposizione di un senso umano e spirituale a ciò che ne è privo https://www.focusjunior.it/content/uploads/2019/01/pareidolia.jpg.

Questo percorso è necessario affinché l’Io si riconosca come libero, infatti, solo chi sperimenta la condizione di limitatezza (dovuta dal non-io) riesce a cogliere l’effettivo valore della libertà.

Fichte dimostra l’indiscutibile libertà dell’uomo e la sua capacità di autodeterminarsi. È rimuovendo gli ostacoli del non-Io che si coglie la realtà come frutto dell’azione creatrice dell’Io. Questo ci spiega perché per la ricerca dell’uomo della libertà sia un lungo e faticoso percorso e non un status in altre parole l’uomo non “è” libero ma “diventa” libero https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcRbLJ-UQJl2WPa9GDENTnntbZVo1zkHTyfYzcbATaxZOPWoXvQw .  

La libertà dell’uomo per Fichte è lo sforzo continuo di imporre un senso umano alla realtà che oppone resistenza, la realtà infatti non è propensa a farsi dominare dalle idee e dal volere dell’uomo.

Questo processo è infinito perché, a causa della finitezza dell’essere umano, l’uomo non raggiunge mai una condizione di completa libertà e indipendenza dalla natura, ogni volta che viene superato un ostacolo se ne pone un altro e così via https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcSXOJJB9GtlEWKmV3rYTyC9kfNa1u1I_5OkDe3SUOfs6ziMQa52. Possiamo dire in analogia con quanto affermato dallo scrittore uruguaiano E. H. Galeano che la condizione di libertà è come l’orizzonte si sposta sempre più avanti, ma al contempo fa progredire l’umanità.

Fichte sottolinea che la filosofia non sia astratta costruzione di pensiero, ma affondi le proprie radici in una scelta umana per questo si ha il prevalere dell’etico sul teoretico, se si ama la libertà non si può che scegliere l’Idealismo se si sceglie la necessità si cadrà di contro nel dogmatismo.

In particolare nella dimensione sociale e politica si manifesta il principio della libertà proprio perché l’uomo può farsi artefice del proprio mondo superando gli ostacoli dell’ingiustizia e dell’oppressione.

Da principio Fichte sviluppa una concezione politica di tipo contrattualistico e fedele alle idee del giusnaturalismo https://www.skuola.net/news_foto/2018/contratto.jpg la tesi centrale del giusnaturalismo è che il diritto positivo è preceduto dal diritto naturale ovvero quelle leggi che l’uomo trova inscritte nella propria ragione, la legge positiva quindi rafforza il diritto naturale. Il problema principale in questo modello è come far garantire la libertà dell’individuo in un contesto di vita collettivo. Per esempio come garantire al contempo libertà individuale e collettiva rispetto al diritto alla proprietà.

Da ciò deriva il compito primario dello Stato che consiste nel rafforzare il diritto naturale attraverso le leggi positive, lo Stato però è solo uno strumento e non un fine in sé. Per questo Fichte afferma che lo Stato è un male necessario richiesto dal fatto che gli uomini non rispettano spontaneamente le norme che la ragione ha iscritte all’uomo https://www.lavocedinewyork.com/wp-content/uploads/2017/04/renzi-caso-consip-carabinieri-pinocchio-giustizia-620x430.jpg, se l’individuo le rispettasse lo Stato sarebbe superfluo perché ciò che più conta è la libertà dell’individuo.

Tuttavia Fichte a partire dal 1800 rivede il ruolo e il valore dello Stato abbandonando il precedente antistatalismo. Fichte teorizza un’estensione dei compiti e delle funzioni dello Stato verso la sfera economica facendosi promotore di una visione statalista dove è lo Stato ha controllare la distribuzione della ricchezza e l’intera attività produttiva di una comunità https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcT3oqVTOlnwj6CzweE6I3dsrbZp0gua1LiX-dli3dBOC4VyjVto.

Sempre dal 1800 supera la concezione contrattualista e impersonale tipica del ‘700 è propone un’idea di Stato simile ad un organismo il cui rapporto con le parti ha un aspetto totalitario le singole parti (individuo) non hanno valore di per sé ma lo trattengono in una totalità organica (lo Stato) che anticipa l’idea di Stato

Infine il terzo punto è quello dell’esaltazione dell’elemento nazionalistico di una comunità, dove si fondono sia gli aspetti giuridici che quelli culturali. In particolare ciò nasce dalla reazione allo sviluppo della rivoluzione francese che ha trasformato la Francia da luogo dove il popolo cerca la sua emancipazione in uno Stato aggressore che progressivamente annette a se altri popoli negandone la libertà .

Proprio da questa ultima riflessione nascono i Discorsi alla nazione tedesca. https://www.progettoprometeo.it/wp-content/uploads/2019/01/AKG3822.jpg Per risollevare il popolo tedesco dalla crisi Fichte propone l’unità di tutto il popolo tedesco (va ricordato che dal 1648 con la pace di Westfalia era venuta meno l’unità germanica, e l’unico stato tedesco di un certo rilievo era la Prussia) Per Fichte i tedeschi possono farsi forti dell’unità di pensiero e di linguaggio che hanno mantenuto incontaminato rispetto ad altre lingue https://lingua.bayern/wp-content/uploads/2015/02/Fotolia_76238587_XS-346x300.jpg. In virtù dell’idea di UR-VOLK (POPOLO ORIGINARIO) e UR-SPRACHE (LINGUA ORIGINARIA) il popolo tedesco avrebbe mantenuto in modo più puro la sua stirpe, che altri invece hanno smarrito https://vignette.wikia.nocookie.net/althistory/images/d/dc/CV_Map-DR-Prussia_1919-1934.png/revision/latest?cb=20141008170347.

Inoltre la superiorità della nazione tedesca nasce dal fatto che solo essi conoscono il valore della libertà perché si sono innalzati a riconoscere il senso dell’infinito. Pertanto rimandando al suo sistema filosofico Fichte afferma che la lotta del popolo tedesco per la libertà assume un senso di lotta per l’emancipazione dell’intero genere umano che grazie alla guida simbolizzata dall’emancipazione tedesca potrà a sua volta liberarsi https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcTtxUlAQEMRuehs4BgBuBvGBZPE5edueUCJEGaT1jJ0v1t8TGRh.

La storia è concepita come la progressiva realizzazione della libertà dell’uomo ove per libertà si intende la spontanea e consapevole adesione e obbedienza alla legge divina che governa il mondo, così come delineato dai sistemi filosofici panteistici: dallo stoicismo a quello di Spinoza. La storia è scandita dal graduale processo di emancipazione dell’uomo dall’istinto, solo quando l’uomo riconoscerà che il suo libero arbitrio si determina in conformità alla legge allora l’uomo sarà libero. https://www.tomshw.it/images/images/2018/11/civilization-6-8004.768x432.jpg