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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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L’elaborazione di Newton riguardo il calcolo infinitesimale rappresenta, insieme ai lavori di Leibniz, la base per la nascita dell’analisi matematica. Va però precisato che il lavoro di Newton non è esaustivo, anche se presenta una serie d’importanti successi. Newton era stato avviato alla trattazione del problema dal suo maestro Barrow con cui aveva scritto le Lectiones geometricae pubblicate nel 1670. Le idee di Newton possono essere sintetizzate, senza entrare nei dettagli tecnici, in tre grandi contributi. Il primo è senz’altro quello di aver sistematizzato le principali scoperte e applicazioni dell’epoca sull’argomento; egli aveva messo insieme i risultati degli allievi di Galilei (Evangelista Torricelli, Vincenzo Viviani e Benvenuto Cavalieri) con quelli di Cartesio e Fermat, oltre agli studi intrapresi dal Wallis e lo stesso Huygens. Oggi è diventato secondario il problema della paternità dell’invenzione, ovvero se attribuirla a Leibniz oppure a Newton, perché è comunemente accettato che le fondamenta del calcolo infinitesimale siano da attribuire a una serie di lavori di diversi matematici, e che l’analisi vera e propria sarà sviluppata solo nell’800; contributi che appunto sono stati raccolti da Newton nei suoi scritti.

Il secondo contributo fondamentale è quello di aver compreso che vi sono delle grandezze come π che non sono risultati di equazioni composte da un numero finito di termini, ovvero non sono numeri algebrici, ma risultati di equazioni composte da un numero infinito di termini. Ad esempio 1=1/2+1/4+1/8+1/16… Come si può vedere, quest’approccio permette la soluzione matematica dei paradossi di Zenone. https://wikimedia.org/api/rest_v1/media/math/render/svg/cebfa2566a48cc37bd49453ef0e092dec7e737ea Il π per esempio può essere scritto attraverso la serie detta di Leibniz nel modo seguente π/4=1-1/3+1/5-1/7+1/9….https://wikimedia.org/api/rest_v1/media/math/render/svg/2b7f92c0c10dff3f9964d985f432513b014725a8. Ovviamente non tutte le serie infinite danno origine ad un intero. La prima condizione è che le grandezze della sequenza tendano verso valori sempre più piccoli, ma non è sufficiente perché, per esempio, la somma dell’inverso dei numeri naturali non produce un intero, ma una grandezza infinita. Newton non aveva un metodo analitico per definire quali somme avessero un valore definito e quali no; si affidava all’intuizione, ma fu comunque fondamentale per gli sviluppi successivi.

Il terzo contributo è quello di aver compreso che la funzione di derivazione, ovvero quella che va a identificare la tangente ad una curva, è esattamente l’operazione inversa di quella per individuare l’area sottesa ad una curva, ovvero l’integrale.

http://lcalighieri.racine.ra.it/pescetti/ricerca_infinito_2004_05/somm_svilup/leibniz_file/image005.jpg Risolvere questo problema era fondamentale per dare base matematica alla fisica newtoniana. Esso permette di rispondere a domande come quale sia la velocità istantanea di un pianeta (va ricordato che questo è un problema simile al paradosso della freccia di Zenone, la velocità della freccia in un istante apparentemente è zero, ma ciò sarebbe assurdo). Newton trovò un metodo per identificare il valore realistico da attribuire ad una velocità istantanea. In precedenza l’unico strumento di risoluzione del problema era quello di esaustione di Archimede che pressappoco si approssima calcolando un valore medio lungo un arco di tempo delimitato, ma questo valore non è un valore approssimato, ma immaginario non corrispondente alla realtà. Diversamente, il metodo di Newton permette di trovare un valore sempre approssimato ma reale. http://www.math.it/formulario/derivate.htm

Newton elaborò due metodi, quello delle flussioni e quello così detto delle prime ed ultime ragioni. Quest’ultimo metodo si colloca a metà tra il calcolo infinitesimale delle flussioni e il vecchio metodo di esaustione e venne preferito da Newton nei Principia, perché, malgrado fosse molto più macchinoso, era più facilmente accettabile dai matematici e questo gli permetteva di non veder inficiato il suo lavoro sulla meccanica celeste. Il metodo è comunque originale e se ne può apprezzare, dalle parole di Newton, gli aspetti più significativi:

Si obietta che non esiste l'ultimo rapporto di quantità evanescenti, in quanto esso, prima che le quantità siano svanite, non è l'ultimo, e allorché sono svanite non c'è affatto. Ma con lo stesso ragionamento si può giustamente sostenere che non esiste la velocità ultima di un corpo che giunga in un certo luogo, dove il moto finisce. La velocità, infatti, prima che il corpo giunga nel luogo non è l'ultima, e quando vi giunge non c'è. La risposta è facile: per velocità ultima si intende quella con la quale il corpo si muove, non prima di giungere al luogo ultimo nel quale il moto cessa, né dopo, ma proprio nel momento in cui vi giunge: ossia quella stessa velocità con la quale il corpo giunge al luogo ultimo e con la quale il moto cessa. Similmente, per ultime ragioni delle quantità evanescenti si deve intendere il rapporto delle quantità non prima di diventare nulle e non dopo, ma quello col quale si annullano. Del pari, anche la prima ragione delle quantità nascenti è il rapporto col quale nascono ... Si può anche obiettare che se vengono date le ultime ragioni delle quantità evanescenti, saranno date anche le ultime grandezze, e in tal modo ogni quantità sarà costituita da indivisibili, contro quanto Euclide dimostrò circa gli incommensurabili nel decimo libro degli Elementi. Questa obiezione, però, si basa su una falsa ipotesi. Le ultime ragioni con cui quelle quantità si annullano non sono in realtà le ragioni delle ultime quantità, ma i limiti ai quali le ragioni delle quantità decrescenti si avvicinano sempre, illimitatamente, e ai quali si possono avvicinare per più di qualunque differenza data, e che però non possono mai superare, né toccare prima che le quantità siano diminuite all'infinito. (Newton, Principia)

Il metodo delle flussioni si fonda sull’idea che le linee non sono somme di parti, ma il risultato del moto continuo di un punto, a loro volta che le superfici sono il risultato di un moto continuo di linee e i volumi di un moto continuo di superfici. Dopo aver dato questa descrizione Newton osservava che le quantità così generate variano, in tempi uguali, più o meno in base alla maggiore o minore velocità di accrescimento; la velocità di accrescimento è detta flussione mentre le quantità descritte dall’incremento, ovvero le linee, le superfici e i volumi, sono detti fluenti.

http://www.sansepolcroliceo.it/nascita/immagini_equaz_editor/Image112.gif

Il metodo può essere così descritto: indicando con x, y e z determinati fluenti, tutte le funzioni associate al tempo convenzionale t avranno un valore corrispondente per ogni fluente che corrisponderà al valore della rispettiva flussione.

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