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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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Nella Metafisica Aristotele si pone l’obiettivo di studiare l’essere in quanto essere e le sue cause. Oggetto della filosofia prima è quindi l’essere considerato nelle sue caratteristiche più generali. Dell’essere la filosofia prima cerca quelle cause che non sono prodotte da altre cause. Per cominciare Aristotele distingue l’essere nelle sue accezioni principali che sono: l’essere come atto e potenza; l’essere come sostanza distinta dai suoi accidenti e dalle sue proprietà; l’essere come categorie; l’essere come sostanza divina ovvero come causa finale di tutto l’essere.

Innanzi tutto ogni ente è in potenza (dínamis), cioè nella possibilità di essere qualcosa, e in atto (enérgheia o enteléchia) cioè compiuta realizzazione di qualcosa. Un seme è in potenza un albero, ma non ancora in atto, quando sarà un albero in atto, in potenza potrebbe essere un tavolo. Questo vale anche per un bambino, che in potenza è un giovanotto, che a sua volta in potenza è un uomo. Un uovo è in atto un uovo, ma in potenza un pulcino, un pulcino è in atto pulcino ma in potenza un pollo. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSLj_Qke77SvCfDp4brMnHDGqBODWY8YsBVfWQ62ngmEmqTX3tW Ogni ente, dunque, è una realtà in atto che contiene in sé una potenza e ogni mutamento riguardante gli enti si spiega attraverso il passaggio dalla potenza all’atto. L’essere delle cose non è contraddittorio perché passano da uno stato di essere ad uno di non essere e viceversa, come sostenevano gli Eleati, in quanto ogni essere ha sempre in se la potenza di tramutare in un altro ente senza alcuna contraddizione.

L’atto sta alla potenza come ad esempio chi costruisce sta a chi può costruire, chi è desto a chi dorme, chi vede a chi ha gli occhi chiusi ma ha la vista, e ciò che è ricavato dalla materia alla materia e ciò che è elaborato a ciò che non è elaborato. (Aristotele, Metafisica)

Il fluire delle mutazioni è regolato per Aristotele da quattro cause 1) quella materiale cioè la cosa di cui una cosa è fatta per esempio l’uovo è composto di proteine e calcio nel guscio; 2) la causa formale cioè la sua forma, come la forma curva e affusolata del guscio d’uovo e l’aspetto viscoso del tuorlo e dell’albume; 3) la causa efficiente cioè ciò che ha generato l’uovo, per esempio una gallina; 4) la causa finale ciò per cui l’uovo è stato concepito ovvero dar origine ad un pulcino e perpetuare la sua specie

In questa sequenza di cause, vieni immediatamente da chiedersi se sia nato prima l'uovo o la gallina, ma la domanda legittima vera e propria è se viene prima l'atto o la potenza. https://i.ytimg.com/vi/fWyVj7OsE5M/maxresdefault.jpg A questa domanda Aristotele risponde che l'atto è sempre anteriore alla potenza, infatti, lo è per nozione (per sapere che un uovo diventa un pulcino devo prima conoscere il pulcino), perché precede temporalmente (perché un uovo per poter essere in potenza un pulcino deve prima essere un uovo in atto), per la sua stessa sostanza (perché senza la sua forma in atto di uovo l'uovo non sarebbe tale).

L’essere, afferma Aristotele, si dice in molti modi: ora come sostanza, ora come accidente, ora come proprietà.

Ogni ente, infatti, è costituito da un essere proprio, che non cambia nel tempo e nello spazio, e che Aristotele chiama sostanza (ousía). Ogni ente possiede inoltre caratteristiche che potrebbero cambiare nel tempo e nello spazio e appartenere anche ad altri enti (accidenti). Infine, è contraddistinto da alcune proprietà che non appartengono ad altri enti, ma che potrebbero comunque cambiare nel tempo e nello spazio. Ad esempio: questo è un pulcino (sostanza), è gracile (accidente), ha le piume gialle (proprietà).

L'essere si dice in tutti questi modi, ma è evidente che di tutti questi quello che costituisce l'essere primo l essenza, che indica la sostanza. Delle altre cose si dice che sono perché o sono quantità, o sono qualità o sono affezioni o sono qualche altra cosa di questo genere il Rispetto a ciò che è, essere in senso primario. Perciò si potrebbe anche dubitare se il camminare, l'essere sano, lo stare seduto ciascuna di queste cose sia o non sia: infatti nessuna di queste cose non è né qualcosa che per natura sussista di per sè, opposta a stare separata dalla sostanza, ma, semmai, se qualcosa esiste si tratta di cose come quello che cammina, chi sta seduto, chi è sano. È chiaro che queste cose più che le altre esistono, perché c'è in esse un soggetto definito, e questo soggetto è la sostanza o l'individuo, un soggetto che viene messo in evidenza quando queste espressioni compaiono come predicati: e infatti ciò che è buono e ciò che sta seduto non si possono dire senza un soggetto. (Aristotele, Metafisica)

Noi definiamo un essere, sulla base della sua sostanza, delle sue caratteristiche e delle sue proprietà ma la sostanza è il presupposto di tutte le altre, infatti, ad esempio, se si pensa alla gracilità bisogna che essa sia accidente di un qualche animale, nel nostro caso del pulcino. La sostanza, dice Aristotele, è un’unione indissolubile, Sinolo (synolon), di materia e forma: la materia è la parte passiva di un oggetto, la forma è l’elemento attivo, è quest’ultima che ci fa distinguere un pollo da un’aquila, benché entrambi fatti della stessa materia. In questo senso possiamo affermare che la materia sta alla forma come la potenza sta all’atto. Infatti, la materia, per definizione, ha la possibilità di assumere forme diverse, mentre la forma è la realtà in atto di tali possibilità. Il punto di partenza del divenire è dunque la materia come privazione, o pura potenza, di una certa forma, mentre il punto di arrivo è l’assunzione di tale forma. In sintesi, gli elementi che scandiscono il divenire sono materia, privazione e forma, o, il che è lo stesso, la potenza e l’atto.

Al singolo ente si possono attribuire le diverse modalità di essere: la sostanza, gli accidenti e le proprietà. Ad esempio, Claudio è un gallinaceo (sostanza), è grande (accidente), è simpatico (proprietà). https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSV2M0ZAf7VhmvVBb1jSgs1Hft8wjT-BaBZ2Tw8j4hBep6S44sMnA

Ma non si può dire che Rosita https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSlTdGr5cZbUcu_1E4ltlftkHmYbRzk7d0w8wJ_I2PKcwZHVd6Z è “Claudio”, ovvero il singolo ente non può essere predicato di un altro ente. Da ciò segue che l’individuo è sostanza prima.

Mentre le sostanze in quanto forme o modalità, ad esempio l’essere gallinaceo, può essere attribuita a più individui (sia Claudio che a Rosita) per questo esse sono dette sostanze seconde

Dal punto di vista logico-grammaticale:

–le sostanze prime possono essere soltanto soggetti.    
–mentre le sostanze seconde possono essere sia soggetti sia predicati.    
Accidenti e proprietà possono essere soltanto predicati.

Le diverse modalità di essere sono raggruppate da Aristotele in 10 grandi categorie (dal greco kategoría, predicato). Le categorie dell’essere sono le sue caratteristiche generali, cioè quelle presenti in ogni essere: la sostanza (che è il presupposto di tutte le altre), la quantità, la qualità, la relazione, l’agire, il subire, il dove, il quando, l’avere e il giacere.


Claudio è: un gallo (sostanza) – da cortile (qualità) – imponente (quantità) – nell’aia (luogo) – nell’atto di cantare (agire) – allegro (patire) – all’alba (tempo) – l’ala impegnata (avere) – è il più grande (relazione) – in piedi (stare).

http://3.bp.blogspot.com/-QZlGL4p3hj4/Ue9vCxd4NbI/AAAAAAAAAQE/0xbhm6v2v90/s1600/lahoraclaudio_el-gallo-claudio-canta-a-media-noche.jpg

Le categorie stanno a dimostrare che l’essere può essere predicato in tanti modi diversi è multivoco, ma tutti questi si riferiscono ad una sostanza, prima o seconda, quindi l’essere non è equivoco.

Per definire che cos’è un ente (ad esempio: il gallo) bisogna indicare quale sia il genere prossimo, ovvero la sostanza più vicina all’ente da definire (animale alato), e la differenza specifica (non volatile), cioè la caratteristica che lo distingue all’interno del genere.

Le sostanze seconde non sono separate dagli enti individuali cui si riferiscono. Ad esempio la sostanza «gallinaceo» esiste solo se riferita a un individuo Claudio o Rosita o chi si vuole. Viene così a cadere la teoria platonica delle idee che vede in esse sostanze separate dalle cose.

Questa dottrina presuppone che vi sia un principio, un inizio del processo di mutamento. Aristotele, a tal proposito, pone due estremi: da un lato una materia prima, simile alla materia informe plasmata dal Demiurgo platonico (che tuttavia esiste solo concettualmente), dall’altro una forma pura (o atto puro), che per attrazione fa muovere tutto verso di sé dando origine al movimento e quindi al processo del divenire. Questo motore, fisico e metafisico, è visto come una divinità immutabile, in quanto priva di materia, e quindi perfetta, in quanto staticamente realizzata nella sua forma. In questa immagine la filosofia scolastica vi ha spesso voluto vedere il Dio cristiano. Esso è atto puro: infatti, anche se solo in parte fosse in potenza, rischierebbe di non attuarsi e cesserebbe il movimento. È immobile (cioè non passa dalla potenza all’atto). È immateriale (giacché la materia è potenza) e quindi semplice, senza parti e senza estensione, incorruttibile e soprasensibile. È puro pensiero ovvero è pensiero di pensiero, è il principio primo dell’essere (e come si vede è molto simile all’essere di Parmenide e ai principi primi di Platone).

La metafisica di Aristotele, parlando a grandi linee, può essere definita come filosofia platonica diluita con il senso comune (Russell, Storia della filosofia occidentale)

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