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https://www.studiarapido.it/wp-content/uploads/2015/08/antigone.jpg Il principale responsabile del suicidio della tragedia greca non è tanto rappresentato da Euripide, quanto da Socrate che ha cercato di ridurre tutta l'esistenza umana, e quindi anche la cultura, a razionalità. Socrate, infatti, era stato colui che per primo aveva cercato di concettualizzare la realtà; questo processo di concettualizzazione equivale a ridurre l’irrazionalità e il caos della vita alla falsa armonia e finalità razionale.https://cdn.studenti.stbm.it/images/2017/03/02/socrate_200x300.jpeg  A proposito di questo Nietzcshe scrive:

Anche Euripide stesso in un certo senso era solo una maschera: la divinità che parlava in lui non era Dionisio, nemmeno Apollo, ma un demone nato da pochissimo, chiamato Socrate. Questa è la nuova contrapposizione: il dionisiaco e il socratico, è l'opera d'arte della tragedia greca perì a causa di essa. (Nietzcshe, La nascita della tragedia)

L'analisi della tragedia di Euripide svela che il vero responsabile della rottura dell'equilibrio fra lo spirito apollineo e lo spirito dionisiaco è stato Socrate, il quale ha avuto come scopo principale quello d’imbrigliare la vita all'interno di schemi razionali e quello di aver dipinto un orizzonte ottimistico al posto del destino tragico dell’esistenza. http://www.rossovenexiano.com/sites/default/files/images/angeloincatenato.preview.gif  Il razionalismo è incarnato dal demone socratico che pone divieti, blocca espressioni istintive e immediate dello spirito, sostituendo ad esse l’idealizzazione, la concettualizzazione, il riferimento a valori assoluti. Questa operazione condanna l'uomo alla non-vita, infatti, cancellare la dimensione tragica dell'esistenza, ed espellere il dionisiaco dalle manifestazioni vitali, equivale a negare la vita stessa la cui essenze è proprio lo spirito tragico.

Dove [Socrate] dirige i suoi sguardi inquisitori, egli vede la mancanza d’intelligenza e la potenza dell'illusione, e conclude da tale mancanza l'intimo capovolgimento ed in accettabilità di ciò che esiste. (Nietzcshe, La nascita della tragedia)

Socrate distinguendo il mondo in vero e falso, intelligibile e sensibile, essenza e apparenza, crea le condizioni per giudicare la vita che, mente viene misurata da questi presunti valori, viene limitata e ridotta all'insignificanza. Con Socrate la filosofia sovrasta l'arte con artifizi logici e concettuali. È la filosofia di Socrate che estromette la volontà dall’orizzonte umano, affidando ogni scelta alla ragione e sostituendo all’eroe tragico l’eroe dialettico.https://www.latitudeslife.com/wp-content/uploads/Marco-Tullio-Cicerone-oratore.jpg

la dialettica ottimistica scarta la musica della tragedia con la sferza dei suoi sillogismi, cioè distrugge l'essenza della tragedia, che si può interpretare unicamente come una manifestazione raffigurazioni di stati dionisiaci, come simbolizzazione visibile della musica, come il mondo di sogno di un’ebbrezza dionisiaca. (Nietzcshe, La nascita della tragedia)

Il primo aspetto imputato da Nietzsche nella filosofia socratica è l'intellettualismo etico per il quale vale l'equazione sapere=virtù=felicità che s’impone al caos e all'imprevedibilità della vita e dell'esistenza. Il dialogo socratico e le catene dei ragionamenti sono ciò che si sostituisce alla danza e al canto che erano al centro della tragedia.

Socrate credette di dover correggere l'esistenza a partire da questo unico punto: egli, il singolo, con espressione di disprezzo e di alterigia, in quanto precursore di una cultura di un'arte, è di una morale completamente diverse, irrompe in un mondo del quale noi consideriamo la più grande fortuna riuscire ad afferrare con venerazione un lembo. (Nietzsche, La nascita della tragedia)

Subito dopo la stesura de La nascita della tragedia, Nietzsche si dedica a scrivere le quattro considerazioni inattuali, la seconda di queste s'intitola in modo esplicito Sull'utilità e sul danno della storia per la vita. In questo saggio viene messo sotto accusa un altro aspetto della cultura moderna lo storicismo, considerato dannoso insieme al intellettualismo astratto della tradizione socratica.

In cinque riguardi mi sembra che la saturazione di storia di un'epoca sia ostile alla vita: da un tale eccesso la personalità viene indebolita; per questo eccesso un'epoca cade nella presunzione di possedere la virtù più rara, la giustizia; da questo eccesso gli istinti del popolo vengono turbati e al singolo non meno che alla totalità viene impedito di maturare; da queste eccesso viene stilata la credenza sempre dannosa nella vecchiaia dell'umanità, la credenza di essere i frutti tardivi ed epigoni; per questo eccesso un'epoca cade nel pericoloso stato d'animo dell'ironia su se stessa, e da esso in quella più pericolosa ancora del cinismo. (Nietzsche, Sull'utilità e sul danno della storia per la vita)

 Lo storicismo rappresenta per Nietzsche l'idolo dell'epoca moderna. La riverenza verso il senso storico non permette lo scontro con le forze del passato, ma tratta esse come se fossero delle reliquie, così facendo il passato viene proiettato in una dimensione antiquata, inoffensiva ed edificante e non come qualcosa con cui dover fare i conti, con cui confrontarsi e scontrarsi

L'uomo chiese una volta all'animale: perché non mi parli della tua felicità e soltanto mi guardi? L'animale dal canto suo voleva rispondere e dire: ciò deriva dal fatto che dimentico subito quel che dovevo dire - ma subito dimenticò anche questa risposta e tacque; sì che l'uomo se ne meravigliò.https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRKS3nlsQfAQ78NBEetb_6RVvX5mjrvpgcO8jWhl7xO61yxR9Dt1g&s

Ma egli si meravigliò anche di se stesso, per il fatto di non poter imparare a dimenticare e di non essere continuamente legato al passato: per quanto lontano, per quanto rapidamente egli corra, corre con lui la catena. (Nietzsche, Sull'utilità e sul danno della storia per la vita)

L'obiettivo polemico e Innanzitutto lo storicismo di matrice idealista e positivista che vedono il divenire storico procedere secondo un ordine necessario, una legge immanente, un eterno progresso comprensibile all'uomo. http://www.quaderni.biz/wp-content/uploads/2018/07/treno-della-storia.jpg Se questa fosse realmente la realtà, l'uomo sarebbe ridotto a uno spettatore degli eventi storici, e non il suo creatore per mezzo della sua propria vita. Dunque, da un lato la concettualizzazione e dall'altro l'asservimento al "treno della storia" hanno reso l’uomo schiavo soffocando la sua libera iniziativa.

Colui che per primo ha imparato a chinare la schiena e a piegare il capo dinanzi alla potenza della storia, da ultimo accennò in maniera cinesemente meccanica un sì a ogni potenza, sia questa un governo, un'opinione pubblica, una maggioranza numerica. Se ogni successo contiene in sé una necessità razionale, se ogni evento è la vittoria del logico o dell'idea - ebbene ci si inginocchi subito e si percorre inginocchiati tutta la scala dei successi. (Nietzsche, Sull'utilità e sul danno della storia per la vita)

Per Nietzsche è dunque necessario da prima sconfiggere il sistema della razionalità socratica che millanta, a discapito della realizzazione dei desideri umani, di condurre l’uomo alla redenzione. In secondo luogo, egli afferma la necessità di negare la razionalità dell’insieme storico che annulla i singoli momenti della vita dell'individuo togliendo ad essi ogni valore. In altre parole per uscire dalla decadenza dell'occidente, bisogna da un lato abbandonare le false certezze e accettare l'indeterminatezza, il cambiamento e il rischio, ovvero promuovere la rinascita di Dionisio (il dio delle metamorfosi) e dall'altro dimostrare l'irrazionalità della storia recuperando la libera iniziativa dell'individuo. Scrive Nietzsche anni dopo:

 In questo senso ho il diritto di ritenere me stesso il primo filosofo tragico - cioè l'estremo opposto e l'antipodo di un filosofo pessimista. Prima di me non c'è questa trasposizione del dionisiaco in un pathos filosofico: manca la saggezza tragica, ne ho cercato invano le tracce persino nei grandi filosofi greci, quelli dei due secoli che hanno preceduto Socrate. (Nietzsche, Ecce Homo)

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