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Ipparco Di Nicea può essere considerato il più grande astronomo dell’antichità sia come scienziato teorico che come acuto osservatore del cielo, oggi diremmo che era sia un fisico teorico che un fisico  sperimentale.

Ipparco nacque intorno al 185 a.c. e morì intorno al 125 a.c.. Acquisì gran parte del suo sapere al Museo di Alessandria d’Egitto. Sappiamo che in seguito Ipparco fece costruire un grandioso osservatorio astronomico a Rodi https://c8.alamy.com/zoomsit/6/e2f51a1421d14cf4b235ecf180188a82/t963xn.jpg, dove trascorse il resto della sua vita, da lì egli effettuo numerose osservazioni grazie anche a nuovi strumenti quali la Diottra  ed il così detto “strumento universale” o “cerchio di Ipparco, questi dati assommati a quelli da lui reperiti ad Alessandria costituirono la base della sua astronomia che gli valsero la fama di più grande astronomo dell’antichità.

Ipparco insieme ad Apollonio e Tolomeo rappresenta il tentativo più significativo nell’antichità di rispondere alla celebre domanda di Platone narrata da Simplicio

Platone ammette in generale che i corpi celesti si muovono di moto circolare, uniforme e costantemente regolare; egli allora pone ai matematici questo problema: quali sono i movimenti circolari, uniformi e perfettamente regolari che conviene prendere come ipotesi per poter salvare le apparenze presentate dai pianeti? (Simplicio, Commento al De Caelo di Aristotele).

Va ricordato che Platone come in generale gli antichi ben vedevano che i moti non erano perfettamente circolari, ed è proprio per questo che viene usata l’espressione “salvare i fenomeni”, solo Aristotele tra i grandi del passato ebbe l’ardire di costruire un modello fisico assoluto (e tutti sappiamo che è andata a finire), a Platone e ai grandi matematici dell’antichità bastava avere un modello matematico e relativo che prevedesse i fenomeni in modo verosimile (in questo mostrando di essere alla pari degli scienziati contemporanei);

Va poi ricordato che il cerchio, la sfera e il moto circolare uniforme erano gli unici strumenti geometrici compiutamente dominati dagli antichi, pertanto una teoria che aveva l’obiettivo di prevedere e calcolare i moti celesti non poteva prescindere da una descrizione tramite moti circolari uniformi. https://www.unionegeometri.com/wp-content/uploads/2021/11/geometria-euclidea-e-non-euclidea-1024x512.png Infatti lo studio delle coniche, elissi, iperbole e parabole avrebbe trovato compimento solo con i matematici moderni Keplero, Cartesio e Newton.

Ipparco, come gli altri astronomi aveva dovuto risolvere il problema delle irregolarità dei moti planetari e soprattutto del moto così detto "retrogrado" che appare ad un osservatore posto sulla terra. Egli aveva costruito il suo sistema privilegiando gli epiciclici che https://it.wikipedia.org/wiki/Epiciclo_e_deferente#/media/File:Apparent_retrograde_motion_of_Mars_in_2003.gif al posto degli “eccentrici mobili” postulati da Apollonio https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/42/Schiaparelli_141.png/450px-Schiaparelli_141.png. Ipparco dimostrò che con l’epiciclo si potevano disegnare con altrettanta precisione i moti dei pianeti così come apparivano, senza rinunciare all’armonia delle sfere proposta da Eudosso nell’Accademia di Platone. https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d3/Schiaparelli_131.png/450px-Schiaparelli_131.png

In sostanza egli supponeva che per esempio il Sole si muovesse intorno ad un cerchio da Est ad Ovest il cui centro fosse posto su una circonferenza che ha per centro la Terra; questo centro a sua volta muoverebbe da Ovest ad Est lungo la suddetta circonferenza. Per quanto riguardava il Sole e la Luna egli utilizzava un moto eccentrico così che quando il Sole percorre la metà dell’eccentrico più vicino alla terra scorreva più velocemente mentre quando era nell’altro più lentamente dando ragione così delle stagioni.

 Ipparco ha anche il merito della scoperta della precessione degli equinozi, cioè il lento spostarsi della sfera celeste verso oriente dovuto alla rotazione dell’asse terrestre che compie un intero moto in 26.000 anni circa.

Sappiamo da Plinio il vecchio che Ipparco una volta compilato il suo catalogo di stelle lo confrontò con il primo catalogo stellare greco (di cui non abbiamo più nessuna traccia) compilato 160 anni prima da Timocari e Aristillo, due astronomi greci del museo di Alessandria.
Ipparco si è accorto che una stella in particolare Spica https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/1e/Spica_DSS.png della costellazione della vergine, era spostata di più di 2° gradi rispetto alla posizione  riportata nel catalogo di 160 anni prima. E questo lo portò a comprendere che tutta la volta celeste si era spostata nel corso di 160 anni di 1,5° gradi circa.

In sostanza a Ipparco apparì con evidenza che la sfera celeste si muove di un 1° ogni 100 anni da Ovest verso Est e intorno ai poli dell’eclittica, e ciò e dovuto appunto alla rotazione dell’asse terrestre

https://it.wikipedia.org/wiki/Precessione_degli_equinozi#/media/File:Precesi%C3%B3n.gif

Il ritrovamento del catalogo stellare

Nel 143 a.c. Ipparco osservò una nuova stella nella costellazione dello scorpione e questo gli suggerì l’idea di un catalogo stellare ovvero che riporta le posizioni latitudine, longitudine e splendore di ottocentocinquanta stelle. Purtroppo nei secoli il catalogo non viene più riprodotto, anche perché l’astronomo Tolomeo nel secondo secolo dopo cristo ne fornisce uno con ulteriori aggiustamenti nel Mathematiké syntaxis noto come Almagesto e ad oggi di Ipparco non rimaneva che l’opera commento de’I Fenomeni di Arato. I Fenomeni era una trasposizione in versi fatta dal poeta macedone Arato di una perduta opera omonima del matematico e astronomo Eudosso di Cnido.

Il primo tentativo di rintracciare il catalogo che i più credevano perduto per sempre, è quello di Bradley E. Schaefer un astrofisico della Louisiana State University che nel 2005 ha cercato di dimostrare che parte del catalogo del famoso astronomo è riprodotto nella statua del titano Atlante Farnese https://vitruvio.imss.fi.it/foto/galileopalazzostrozzi/41107_1000.jpg di epoca romana (probabilmente copia di una statua greca), oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il titano tiene sulle sue spalle un globo il quale riporta secondo Schaefer una precisa rappresentazione del catalogo stellare di Ipparco. https://uau-constellations.space/image/atlasFarnese.jpg

Successivamente nel 2012 un ricercatore allievo dello studioso di testi biblici dell'Università di Cambridge (Regno Unito) Peter J. Williams mentre analizzava un manoscritto, proveniente dal monastero greco ortodosso di Santa Caterina nella Penisola del Sinai (Egitto) considerata una delle più antiche biblioteche del mondo sopravvissute https://images.memphistours.com/large/1379937871_monastero%20di%20santa%20caterina.jpg, ma conservato nel Museo della Bibbia di Washington D.C.. si imbatté inaspettatamente in un passaggio in greco antico, solitamente attribuito all'astronomo Eratostene di Cirene. Un indizio "sospetto" che ha spinto, nel 2017, a una rianalisi del documento con tecniche di imaging multispettrale, fotografando le pagine sotto varie lunghezze d'onda per capire da dove fosse arrivata quella citazione. In America sono state sviluppate delle tecniche molto particolari che permettono la lettura di queste pergamene sovrascritte grazie a diversi “filtri”, nel caso dei cataloghi sono stati utilizzati 24 filtri da cui sono state elaborate delle immagini digitali, che con delle tecniche sofisticate, permettono di trovare le immagini che riescono meglio a mettere in evidenza il testo cancellato e sovrascritto.

https://www.cronachedalsilenzio.it/wp-content/uploads/2022/10/FB_IMG_1666278606016-800x445.jpg

In nove pagine del documento è stato trovato materiale astronomico, trascritto nel V o VI secolo d.C. e poi cancellato per liberare pagine vuote su cui riscrivere: un procedimento per nulla raro in antichità - la pergamena era un supporto prezioso e capitava spesso che il testo originario fosse raschiato e sostituito con un altro. Il risultato è quello che i filologi chiamano un manoscritto palinsesto..

In questi fogli si sono trovate le posizioni di alcune stelle e dalle coordinate che sono state riconosciute in questo palinsesto si è risalito all’epoca in cui sono state fatte le osservazioni. L’epoca  risale al 129 a.c, periodo in cui è vissuto Ipparco, dove sappiamo che è stato compilato il suo famoso catalogo mai ritrovato.
Queste stelle sono state confrontate con le descrizioni che lui da del cielo, e grazie al modo e al linguaggio tecnico che viene utilizzato nel palinsesto paragonato all’unica opera di Ipparco ritrovata, oltre alla datazione stessa,  si può concludere che si dovrebbe trattare proprio del famoso catalogo stellare di Ipparco mai trovato.
È probabile che si tratti dell’opera intera perché cancellando e riscrivendo è facile che uno si trovasse in mano un pacco di fogli con un trattato che non interessava più e quindi ne prendesse uno dopo l’altro lo cancellasse e lo riscrivesse.

Era dal gennaio del 1999 che non si assisteva ad un ritrovamento del genere, anno in cui fu ritrovato il così detto Papiro di Strasburgo che conteneva parte dell’opera di Empedocle, una vera e propria scoperta alla Indiana Jones https://www.ciakmagazine.it/wp-content/uploads/2022/05/indiana-jones.jpg e dunque un nuovo tassello per ricostruire la storia della scienza e della filosofia occidentale.

 

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