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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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L’arte imitativa come la pittura mima la realtà sensibile. Ma la realtà sensibile a sua volta è copia imperfetta di quella intelligibile: allora l’arte è imitazione di un’imitazione e ci allontana ancor più dalla verità. Essa ci inganna perché ci induce a credere che l’imitazione è la realtà, fingendosi specchio fedele della realtà. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRyoLHy-xlpvml0dtc13M14bnFPw8zOsooJrUwmzHV55yymm66w Per questo nella città ideale sarà proibito ai poeti di rappresentare favole in cui gli dèi si comportano peggio degli uomini volgari, per evitare che i fanciulli li prendano a modello e imparino a comportarsi male come gli dèi:

Occorre dunque esaminare se questa gente, per avere incontrato questi imitatori, si è fatta turlupinare e se, vedendone le opere, non si accorge che sono lontane tre gradi dall’essere e facilmente eseguibili da chi ignori la verità (perché quegli imitatori producono apparenze e non cose reali). (Platone, Repubblica)

Anche se l’arte non ha valore conoscitivo, può avere un valore educativo se messa al servizio della filosofia. Guidata dalla sapienza filosofica, l’arte può indurre le anime degli uomini, fin da fanciulli, a imitare la virtù e a familiarizzare con i retti insegnamenti della ragione. Pertanto nella Repubblica, il personaggio di Socrate propone di cercare fra gli artisti coloro che siano di animo nobile e che sappiano seguire il richiamo di ciò che è bello e armonioso.

Il Simposio è il dialogo nel quale Platone espone la sua dottrina sull'amore. In questo dialogo sono coinvolti Agatone, Socrate, Fedro, Pausania, Erissimaco e Aristofane. Essi sono riuniti a casa di Agatone per un banchetto dopo aver mangiato e soprattutto bevuto a sazietà ricercano un argomento per intrattenersi. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQUE8zuEemnulxI0dvuVnMpzYSQIGm2W9Gi0q32llTBy8V4UPB9 Erissimaco propone che ognuno esponga un discorso su Eros, spesso trascurato nei poemi dei poeti.

Tra questi Fedro affermerà che Eros è il più antico degli dei, che spinge anche i più vili a compiere opere coraggiose fin tanto da rischiare la vita https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQ14WoMiOHfZ0APc9vOq8F0N8FnvroAn8XmIls7MmFEZqkmECxS7g :

Oltre ad essere il più antico per noi è anche cagione di beni più grandi. […] Infatti l'uomo che ama sarebbe disposto ad essere visto da tutti gli altri mentre abbandona la posizione o getta via le armi più che dal proprio amato e sceglierebbe di morire più volte invece di questo. E quanto ad abbandonare l'amato o non portargli aiuto quando corre pericolo non c'è nessuno vile a tal punto che amore stesso non lo renda pieno di ardore in valore, tanto da eguagliarlo anche a chi è valorosissimo per natura; […] E solo quelli che amano sono pronti anche a morire, e non solo in quanto uomini, ma anche le donne. (Platone, Simposio)

Pausania invece distingue due tipi di amore: volgare e uno spirituale. L'amore volgare si rivolge alla materia, e alla bellezza del corpo ed è proprio di Afrodite; https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRqltnCxM9CD1EKMIfeaL6ty3BHx8nSokfFsBeLd8e7j7pW9507 L'amore spirituale si rivolge all'anima, così che esso permane anche quando il corpo invecchia e per questo non si rivolge ai giovinetti imberbi ma a quelli maturi già dotati d’intelletto:

Abbietto è l'amante volgare, innamorato più del corpo che dell'anima: non è un individuo che resti saldo, come salda non è nemmeno la cosa che egli ama. Infatti quando svanisce il fiore della bellezza del corpo del quale era preso "si ritira a volo" ad onta dei molti discorsi e delle promesse. Chi invece si è innamorato dello spirito quando è nobile resta costante per tutta la vita perché si è attaccato a una cosa che resta ben salda. Il nostro costume esige dunque che costoro vengano ben provati e che a questi si dia compiacenza, e quelli invece vengano rifuggiti. (Platone, Simposio)

Erissimaco racconta che Eros è stato generato da Asclepio per creare concordia tra le opposizioni presenti in natura https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTDtnJdbMAYYm5QKKKl5OJAbV8GTfAxksKssXSDPnW5OmCFbNI1qw :

Occorre anche che le parti del corpo che sono tra di loro particolarmente nemiche egli sia in grado di renderle amiche e dì amarsi tra di loro. Le cose più nemiche fra loro sono quelle contrastanti al massimo grado, come il caldo al freddo, l'amaro al dolce, il secco all'umido, e tutte le altre cose consimili. E ben sapendo come ingenerare amore e concordia in esse il nostro progenitore Asclepio, come dicono questi poeti, e io ne sono convinto, pose le fondamenta alla nostra arte. [..] Amore ha nella sua integrità, ma quello che con misura e giustizia raggiunse il suo termine nel bene per noi uomini e per gli dèi, questo possiede la potenza più grande e ci procura ogni felicità, ci mette in grado dì vivere in comunanza e di essere amici tra di noi e con quelli che sono migliori di noi, vale a dire gli dèi. (Platone, Simposio)

Aristofane sostiene invece che l’amore nasce dalla ricerca della metà corporea originaria dei corpi, essi furono divisi dagli dei in due parti perché avevano sfidato gli dei stessi http://www.lascatoladelleidee.it/wp-content/uploads/2012/04/androgino-corsa.jpg :

Ma anzitutto occorre che conosciate la natura umana e i suoi casi: giacché la natura di noi uomini, un tempo, non era la stessa, quale è ora per noi, ma diversa. Per prima cosa tre erano i generi della stirpe umana, non due come ora, maschio e femmina, ma ve n'era anche un terzo che era comune ad ambedue questi, del quale, oggi, resta soltanto il nome, ma esso si è perduto.

Infatti l'androgino allora era un genere a sé e aveva forma e nome in comune dal maschio e dalla femmina, ora invece non c'è più, ma resta soltanto il nome sotto forma di ignominia. La forma di ciascun uomo era rotonda: aveva la schiena e i fianchi di aspetto circolare, aveva pure quattro mani, quattro gambe e due volti su un collo rotondo, del tutto uguali. Sui due volti, che poggiavano su una testa sola dai lati opposti, vi erano quattro orecchie, due organi genitali e tutto il resto come può immaginarsi da tutto questo. Si camminava in posizione eretta, come ora e ove si voleva; e quando si disponevano a correre velocemente, come i saltimbanchi, a gambe levate, fanno capitomboli di forma circolare, così essi, facendo perno sulle otto gambe, si muovevano velocemente in cerchio. Erano poi tre generi e combinati in questo modo per queste ragioni, perché il maschio aveva tratto la propria origine genetica dal sole, la femmina dalla terra, ma l'uno e l'altra avevano poi parte in comune dalla luna, poiché anche la luna ha parte di ambedue essi. Erano formati in questo modo e illoro andare assumeva la forma di cerchio per il fatto di essere simili ai loro genitori. Quanto a forza e vigore erano terribili e nutrivano un sentire orgoglioso, e quello che dice Omero a proposito di Efialte e di Oto, che tentarono di dare la scalata al cielo per imporsi agli dèi, si riferisce loro. Zeus dunque e gli altri dèi si radunarono a consiglio per stabilire cosa dovevano fare, ma si trovarono nell'incertezza. Non avevano infatti come sopprimerli e farne sparire la razza come i Giganti fulminandoli sarebbero scomparsi infatti tutti gli onori e i sacrifici da parte degli uomini nei loro riguardi, né d'altra parte come lasciarli andare all'insolenza. Ma Zeus dopo aver pensato, e con fatica, disse: "Penso di avere un mezzo per il quale gli uomini possano sussistere e cessare la loro insolenza, divenendo più deboli. Dunque ora taglierò ciascuno di essi in due parti eguali e così diverranno più deboli e insieme più utili per noi per essere più numerosi. E cammineranno in posizione eretta, su due gambe. […]

Dopo che la natura umana fu divisa in due parti, ogni metà per desiderio dell'altra tentava di entrare in congiunzione e cingendosi con le braccia e stringendosi l'un l'altra, se ne morivano di fame e di torpore per non volere fare nulla l'una separatamente dall'altra. E quando moriva una delle parti e ne restava una sola, quella che sopravviveva ne cercava un'altra e vi si abbracciava, sia che capitasse nella metà di una donna intera, che ora chiamiamo donna, sia in quella di un uomo. E così raggiungevano la morte.Zeus, avendone pietà, escogitò un altro mezzo e traspose i loro genitali sulla parte anteriore, giacché fino a quel frangente li portavano all'esterno e generavano e partorivano non fra di loro, ma congiungendosi con la terra. Glieli traspose dunque sul davanti, così come è ora, e dispose la creazione loro tramite tra gli uni e gli altri, cioè tra il maschio e la femmina, per queste ragioni, perché se un maschio si imbatteva in una femmina, generassero e dessero continuità alla razza, e insieme se un maschio si incontrava con un maschio, quando fosse giunta la sazietà del loro stare insieme e vi ponessero temine, si volgessero poi ad altra attività e si prendessero cura delle altre faccende della vita. Da tempo dunque è connaturato negli uomini l'amore degli uni per gli altri che si fa conciliatore dell'antica natura e che tenta di fare un essere solo da due e di curare la natura umana. (Platone, Simposio)

Agatone lo descrive come ciò che porta pace e serenità tra gli uomini http://www.didaweb.net/fuoriregistro/immagini/colpx.gif :

Amore per primo il più bello e il migliore diviene in seguito a questo anche per gli altri la causa di altrettali qualità. E mi viene voglia di dire qualcosa anche in versi, dicendo che è lui che crea la pace fra gli uomini e sul mare una tranquillità senza vento, luogo di quiete e di sonno nell'affanno dei soffi impetuosi.

Egli ci libera da ogni sentimento di avversione e ci riempie di ogni senso di familiarità, stabilendo tali incontri per farci trovare insieme nelle feste, nelle danze, nei sacrifici quando egli è nostra guida. (Platone, Simposio)

Socrate invece racconta il mito udito dalla sacerdotessa Diotima secondo cui Eros nacque dal dio Póros (ricchezza) e dalla fanciulla Penía (povertà). https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQqT9IwclPvMGXJduovzDJoqveZKQFSIChts0PfdagFfflAK7wiLg La natura di Eros consiste nella tensione di due forze contrastanti: il sentimento della mancanza e il desiderio di ricerca. Anche la filosofia ha le caratteristiche di Eros: ha origine dalla mancanza del sapere e dal desiderio di raggiungerlo. Essa è tensione (eros) verso la sapienza. Il filosofo è un uomo che ama il sapere, lo desidera, lo cerca, non essendone mai appagato. La natura intima del filosofo è quella di essere un amante: filo-sophia significa infatti amore del sapere.

Quando venne al mondo Afrodite gli dèi si radunarono a banchetto e fragli altri vi era anche Poro, figlio di Metide. Dopo che ebbero banchettato, siccome c'era stato un grande pranzo, venne Penia a mendicare e se ne stava sulla porta. Poro, ebbro di nettare il vino non c'era ancora se ne andò nel giardino di Zeus, e appesantito dal cibo, si addormentò. Penia dunque, tramando per la sua indigenza di concepire un figlio da Poro, si stese accanto a lui e rimase incinta di Amore. Anche per questo è seguace e servitore di Afrodite essendo stato concepito nel genetliaco di essa e poiché per natura è amante del bello, e Afrodite è bella, Amore dunque perché è figlio di Poro e di Penia è stato posto in tale sorte. Per prima cosa è sempre povero, e manca molto che sia delicato e bello, quale molti lo reputano: è duro, sudicio, scalzo, senza casa, sempre nudo per terra, e dorme sotto il cielo presso le porte o per le strade, e poiché ha la natura della madre si trova a convivere sempre con l'indigenza. Secondo l'indole del padre invece sempre insidia chi è bello e chi è buono; è coraggioso, protervo, caparbio, cacciatore terribile, sempre dietro a macchinare qualche insidia, desideroso di capire, scaltro, inteso a speculare tutta la vita, imbroglione terribile, maliardo e sofista. Per natura non è immortale né mortale e talora nello stesso giorno fiorisce e vive, quando prospera, ma talvolta muore e resuscita ancora, proprio per la natura del padre; e quel che accumula sempre si dilegua, tanto che Amore non si trova mai né in povertà né in ricchezza, e si trova sempre in mezzo a sapienza e ignoranza.

La cosa infatti sta così: nessuno degli dèi fa filosofia, né desidera essere sapiente; lo è già, né, se vi è qualcun altro sapiente, fa filosofia, né d'altra parte gli ignoranti fanno filosofia, né desiderano diventare sapienti. Poiché proprio in questo sta l'aspetto più ostico per l'ignoranza, il fatto che chi non è né buono né bello, né assennato ha la convinzione che tutto gli basti.

Pertanto chi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno". "E chi sono dunque", chiesi io, "o Diotima, quelli che si mettono a fare filosofia, se non lo fanno i sapienti né gli ignoranti?" "Questo", mi rispose, "è chiaro ormai anche a un bambino, e sono quelli che si trovano in mezzo a questi due gruppi, tra i quali va posto anche Amore. La sapienza infatti, appartiene al novero delle cose più belle, e Amore è amore riguardo al bello, tanto che è necessario che Amore sia filosofo e, essendo anche filosofo se ne sta in mezzo al sapiente e all'ignorante. Anche di tutto questo per lui è causa la sua nascita, perché il padre è sapiente e ricco di risorse, la madre invece non è sapiente e si trova sempre in ristrettezze. E la natura di questo demone, o caro Socrate, è questa.

E per quel che tu credevi fosse Amore, non provavi cosa da suscitare meraviglia. Tu credevi infatti, come a me pare, e l'arguisco da quello che tu dici, che Amore fosse l'amato e non l'amante. (Platone, Simposio)

 

 

 

 

 

 

 

 

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