Nella sua autobiografia scientifica Albert Einstein distingue da una parte la totalità delle esperienze sensibili e dall'altra la totalità dei concetti.
i rapporti interni fra i diversi concetti e proposizioni sono di natura logica, e il compito del pensiero logico è strettamente limitato a stabilire tutte le connessioni interne e fra concetti e proposizioni secondo regole ben definite, che sono appunto quelle della logica. i concetti e le proposizioni acquistano "significato", cioè contenuto, solo attraverso la loro connessione con le esperienze sensibili. (Albert Einstein, Autobiografia scientifica)
La connessione tra concetti ed esperienze è puramente intuitiva e l'unica garanzia è data dal grado di compiutezza delle teorie.
Secondo Einstein la scienza rappresenta il tentativo di far corrispondere il caos della nostra esperienza sensibile ad un sistema ordinato utilizzando le sue parole di ricondurre la varietà caotica della nostra esperienza sensibile a un sistema di pensiero logicamente uniforme.
In queste parole ritroviamo il fine della scienza secondo l'ideale platonico-pitagorico di ogni scienza ovvero derivare la somma totale dei dati da una sola radice cioè, per quanto possibile, il passaggio dal caos al cosmos.
Secondo Einstein la fisica non può che partire dalle esperienze sensoriali, ma le teorie che essa produce sono tutte dei costrutti umani:
le esperienze sensoriali sono il dato di partenza ma la teoria che le interpreta è operata dall'uomo. E' il risultato di un processo di adattamento straordinariamente laborioso: ipotetico, mai definitivo, sempre soggetto a discussioni e dubbi. (Albert Einstein, Opere scelte)
Di fatto l'elaborazione scientifica dei concetti differisce dalla formulazione dei concetti quotidiani solo nella maggior precisione e accuratezza oltre che in una maggiore economia di pensiero ovvero ridurre tutti i concetti e le correlazioni al numero più piccolo possibile di concetti e assiomi fondamentali.
Nel saggio Come io vedo il mondo Einstein si sofferma sul rapporto tra ragione teorica e l'insieme dei fatti sperimentali, ovvero l'eterna opposizione fra empirismo da un lato e razionalismo dall'altro.
Einstein ci ricorda che è nell'antica Grecia https://pillolediconoscenzaweb.files.wordpress.com/2016/12/grecia-antica.jpg che troviamo la culla della Scienza occidentale, lì è nato il sistema logico, la geometria euclidea, il pensiero razionale che ha la caratteristica di mostrarsi in modo chiaro, la verità dei greci l'aletheia ciò che si mostra e ciò che sta nella luce e non è nascosto, quindi qualcosa che non dove essere creduto per via dogmatica, infatti:
i suoi enunciati si deducono così chiaramente gli uni dagli altri che ciascuna delle proposizioni dimostrate non solleva il minimo dubbio...quest'opera ammirevole della ragione ha dato al cervello umano la più grande fiducia nei suoi sforzi ulteriori (Albert Einstein, La questione del metodo)
Tuttavia Einstein ricorda che affinché il pensiero logico-razionale fosse maturo per una scienza capace di abbracciare la realtà, serviva la scienza sperimentale che nasce progressivamente in epoca moderna con Keplero Galileo e Newton https://www.geogebra.org/resource/XBPvdetV/dgHfz62Obdk6lJOw/material-XBPvdetV.png, infatti, le proposizioni puramente logiche sono vuote davanti alla realtà, ma questo non deve farci pensare che l'esperienza da sola sia l'Alfa e l'omega di tutto il nostro sapere intorno alla realtà:
un sistema completo di fisica teorica si compone di idee, di leggi fondamentali che devono essere applicabili a queste idee, e di proposizioni conseguenti che ne derivano per deduzione logica. Sono queste proposizioni che devono corrispondere alle nostre esperienze individuali; la loro deduzione occupa necessariamente, in un'opera di teoria, quasi tutte le pagine. (Albert Einstein, La questione del metodo)
Einstein considera un esempio la geometria euclidea https://kierul.files.wordpress.com/2018/09/postulaty.png dove, al pari di una teoria fisica completa, vengono messe in evidenza tutte le possibili posizioni che i corpi rigidi possono assumere. In essa, così come nella fisica, viene definito chiaramente il ruolo della ragione rispetto a quello dell'esperienza.
In particolare la ragione è concepita come ciò che dà la struttura ad un sistema, all'interno di tale struttura troviamo le esperienze e le loro relazioni che rappresentano il contenuto e devono trovare nelle teorie la loro rappresentazione: se i contenuti dell'esperienza e le loro relazioni trovano la loro rappresentazione nella teoria allora tale teoria e tale sistema di ragione assumono valore scientifico.
In tutto ciò i concetti e i principi rimangono creazioni libere dello spirito umano e non possono trovare giustificazione né a priori come voleva Kant né a posteriori come avrebbero voluto gli empiristi. In una lettera del 7 maggio del 1952 all'amico Maurice Solovine https://sciencemeetsfaith.files.wordpress.com/2016/04/einsteinsolovine.png?w=640 troviamo questo disegno che riassume le idee di Einstein in proposito.
Il segmento orizzontale E rappresenta le esperienze immediate ovvero la base empirica. A rappresenta l'insieme degli assiomi che sono alla base delle teorie. Einstein sostiene che non vi è un processo logico che permette di passare dalle esperienze agli assiomi, ma si tratta di un salto intuitivo. https://gecolife.files.wordpress.com/2015/02/einstein-intuizione-pensiero-intuitivo.jpg?w=640 Quando abbiamo intuito gli assiomi da essi possiamo dedurre matematicamente degli enunciati speciali S, S1, S2...partendo dalla pretesa della loro veridicità vengono poi confrontati con l'esperienza. Il livello cruciale è pertanto quello degli assiomi è per questo che Einstein ritiene che non vi sia distinzione tra scienza e filosofia, ma vi sia un unico bagaglio di concetti.
Per quel che riguarda la questione epistemologica, Lei mi ha del tutto frainteso; probabilmente mi sono espresso male. Io vedo la cosa nel modo seguente:
- Ci sono date le E (esperienze immediate)
- A sono gli assiomi da cui traiamo le conclusioni. Dal punto di vista psicologico gli A poggiano sulle E. Ma non esiste alcun percorso logico che dalle E conduca agli A; c’è solamente una connessione intuitiva (psicologica) e sempre ’fino a nuovo ordine’.
- Dagli A si ricavano, con procedimento deduttivo, enunciati particolari S che possono pretendere di essere veri.
- Gli S sono messi in relazione con le E (verifica per mezzo dell’esperienza). Questa procedura, a ben vedere, appartiene essa stessa alla sfera extra-logica (intuitiva), non essendo di natura logica la relazione tra i concetti che intervengono negli enunciati e le esperienze immediate. Questa relazione tra gli S e le E è tuttavia (pragmaticamente) molto meno incerta di quella che sussiste tra gli A e le E (ad esempio tra il concetto di cane e le corrispondenti esperienze immediate). Se una tale corrispondenza, pur restando inaccessibile alla logica, non potesse essere stabilita con un elevato grado di certezza, tutto l’armamentario logico non avrebbe alcun valore ai fini della ’comprensione della realtà’ (ad esempio, la teologia).
L’aspetto essenziale è qui il legame, eternamente problematico, tra il mondo delle idee e ciò che può essere sperimentato (l’esperienza sensibile). (Opere scelte, Albert Einstein)
Ne consegue il carattere fittizio dei principi teorici delle teorie scientifiche e che ogni tentativo di dedurre idee e leggi dalle esperienze elementari è destinato a fallire.
In proposito possiamo ricordare che il primo a evidenziare la distanza tra i principi teorici e la realtà fu, se pur per motivazioni differenti Platone che come ricordato da Simplicio utilizza la teoria per salvare i fenomeni non pretendo accordo tra questi e la realtà verosimile.
Quali movimenti uniformi e ordinati conviene assumere come ipotesi per "salvare" i fenomeni concernenti I movimenti dei pianeti?
Platone ammette in generale che i corpi celesti si muovono di moto circolare, uniforme e costantemente regolare; egli allora pone ai matematici questo problema: quali sono i movimenti circolari, uniformi e perfettamente regolari che conviene prendere come ipotesi per poter salvare le apparenze presentate dai pianeti? (Simplicio, Commento al De Caelo di Aristotele).
Come ricordato di recente da Luigi Laino nel saggio Salvare i fenomeni. Saggio sulla fisica greca e sui presupposti della matematizzazione della natura Einstein sembra alludere al fatto che è il modello razionale che decide in un certo senso quale sia l'apparenza fenomenica.
Al di la dell'accostamento proposto tra l'immagine della scienza di Platone e Einstein, la conclusione dello scienziato è inequivocabile nei suoi scritti. Egli ritiene che se anche il fondamento assiomatico della fisica teoria (della scienza) non deriva dall'esperienza e viene via via creato è possibile per l'uomo generare una spiegazione compiuta dei fenomeni, una spiegazione che ha alla sua base la convinzione
che la natura è la realizzazione di tutto ciò che si può immaginare di più matematicamente semplice. Sono persuaso che la costruzione puramente matematica ci permette di scoprire questi concetti che ci danno la chiave per comprendere i fenomeni naturali e i principi che li legano tra loro (Albert Einstein, La questione del metodo)
Einstein ha riassunto nella nostra cultura tutti i temi di una grande tradizione matematica e li ha portati alle loro conseguenze filosofiche ed operative, senza ritenere però che la realtà si esaurisse in essi. Egli può dunque essere considerato il Platone moderno https://www.filosofico.net/platoneinstein.jpg proprio perché ha tenuto sempre presente come il grande filosofo ateniese l'esistenza di una realtà da spiegare, non costruita dalla mente ma da essa conoscibile.
Albert Einstein credeva profondamente nell’unità culturale tra scienza e filosofia è le considerava come un'impresa unica e non come scienza pratica da una parte e speculativa dall'altra. https://www.univrmagazine.it/wp-content/uploads/2020/02/Progetto-senza-titolo-2.jpg
Un bilancio sulla visione del mondo di Einstein estratto da Enrico Bellone Albert Einstein relativamente a spazio e tempo
Se si accetta la teoria della relatività generale così come presentata da Albert Einstein, si va incontro a conseguenze che sono violazioni radicali delle esperienze di senso comune. Perché l'universo descritto dalla teoria del 1916 è una geometria, complicata finché volete, ma è una struttura geometrica, e le geometrie non cambiano. Come amava dire Einstein, il mondo è e non diviene: non cambia mai niente, il mondo è statico. Einstein ribadì questo punto di vista per tutta la vita, anche se era abbastanza isolato in questa convinzione. Immaginiamo di descrivere l'universo e dire «Questo è l'universo adesso». Fra dieci anni l'universo sarà un po' cambiato, e potremmo unire idealmente le due descrizioni, prima e dopo, con la freccia del tempo. Einstein negava che questa rappresentazione fosse un'immagine del mondo reale, perché, appunto, il mondo è e non diviene. Ci credeva al punto che, quando nel 1955 morì il suo carissimo amico Michele Besso, con il quale ebbe uno scambio di corrispondenza di centinaia di lettere per più di mezzo secolo, scrisse una lettera di condoglianze al figlio e alla sorella. In essa è contenuta la frase seguente, che riflette perfettamente la concezione filosofica einsteiniana: «Michele mi ha preceduto di un poco nel congedarsi da questo strano mondo, ma non significa niente: per noi che crediamo nella fisica, la divisione fra presente, passato e futuro ha solo il valore di una ostinata illusione». A questo punto, possiamo chiederei se questa idea che il mondo è e non diviene sia del tutto originale o se abbia anch'essa radici classiche. Prima ancora che Einstein si iscrivesse al Politecnico di Zurigo per imparare fisica e matematica, un grande fisico che si chiamava Ludwig Boltzmann aveva scritto a proposito del tempo e dello spazio alcune pagine, che vi riassumo brevemente qui di seguito. Boltzmann diceva che quando esaminiamo un oggetto nello spazio, possiamo sostenere che l'oggetto è qui, oppure è sopra, oppure è sotto, ma dal punto di vista della meccanica classica possiamo anche sostenere il contrario, perché le equazioni della meccanica non distinguono tra il sopra e il sotto: la distinzione è di senso comune, non è scientifica. A proposito della distinzione tra passato, presente e futuro, Boltzmann ragionava in modo simile. L'universo, nella sua globalità, è un sistema in equilibrio: quindi, la distinzione tra passato, presente e futuro a livello universale è priva di alcun significato. A livello universale il tempo è congelato, il tempo non scorre: il mondo è e non diviene. Non è un caso che Einstein conoscesse molto bene la fisica di Boltzmann.
Lettera di Albert Einstein a Maurice Solovine del 7 maggio del 1952 (in inglese estratta dal volume in occasione del centenario di Einstein a seguire immagine della traduzione italiana presente nel testo Opere Scelte a cura di Enrico Bellone del 1988)
Dear Solo,
In your letter you reproach me for having committed two offences. The first is to have taken an uncritical attitude towards the plan for world government. It is not that you consider this as undesirable, but rather as unattainable in the near future. You give good reasons for its impracticality. You might well have added, as a good reason for apprehension, that world government might be intolerable and, in particular, more unjust than the present state of anarchy… On the other hand there exists the danger of self-annihilation by mankind, a matter that should be of heavy concern to us all. Therefore one should at least (even if with some hesitancy) retract the 'undesirable'
As for the 'impossible', one can say this: it changes into 'possible' if people really want it, if only through fear of an intolerable state of insecurity. We need to put out all our strength to bring about such a condition voluntarily. This effort is useful, even if the goal is not attained, for it will certainly have a good educational effect, provided that it is directed against stupid and pernicious nationalism.
Now, you say that one should first educate youth to examine historical events objectively. Only thus could one hope to achieve something in the political realm. But this priority is like that of the hen and the egg; that is to say, we are in a vicious circle. The hen is the political order, and the egg is rational education. Since there is no free end to this tangle, from which we could unravel it, we must try everything and not lose courage in the process. But if all our efforts are in vain, and mankind does go down to self destruction, the universe will shed no tears for us….
With regard to the epistemological question, you have radically misunderstood me; I probably expressed myself badly. I see the matter schematically like this:
- The E (direct experiences) are given to us.
- A are the axioms, from which we draw consequences. Psychologically the A rest on the E. But there exists no logical path leading from the E to A, only an intuitive (psychological) connection, which is always merely 'until further notice'
- From the A are deduced, by a logical path, particular assertions S that can claim to be exact.
- The S are brought into relation with the E (testing by experience). This procedure belongs also to the extra-logical (intuitive) sphere, because the connection(s] between the concepts appearing in S and the immediate experiences E are not of a logical nature. But this relationship between the S and the E is (pragmatically) much less uncertain than the relation of the A to the E. (Example: the concept ‘dog' and the corresponding direct experiences.) If such a correspondence could not be achieved with great certainty (even though it is not logically "grasped' a bit better), the logical machinery would be of no value at all for the 'comprehension of reality' (for example, theology).
The quintessence is the always problematical connection between the world of ideas and that which can be experienced (direct sense-experiences). We are all quite well. But my capacity for work has perceptibly decreased. Ah well, that also has its good side.
Best regards to you.
Yours, A.E.