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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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La scuola di Oxford fu uno dei grandi centri della cultura francescana insieme all’università di Parigi, ma a differenza di quest’ultima fu caratterizzata da una decisa inclinazione verso gli studi naturalistici come la scuola di Chartres. Ad Oxford era privilegiato lo studio delle arti del quadrivio e questi studi beneficiarono di ampia autonomia perché la scuola non era direttamente controllata dell’autorità pontificia.

Il fondatore della scuola fu Roberto Grossatesta (1175-1253) francescano e maestro della scuola, fu in seguito vescovo di Lincoln. La sua opera garantì una certa egemonia ai francescani in Inghilterra.

Grossatesta si fece promotore di un ritorno alla tradizione originaria dell'agostinismo per contrastare il diffondersi dell'aristotelismo. Nella sua opera Grossatesta propose un'interessante distinzione tra scienza e sapienza, mentre la prima aveva un valore conoscitivo, la seconda era la fonte divina delle verità. In questo modo Grossatesta poteva sostenere dottrine tipiche della tradizione agostiniana e neoplatonica senza dover rinunciare del tutto alla scienza di stampo aristotelico.

La dottrina che Grossatesta ricavò dagli studi agostiniani e neoplatonici rappresentano una vera e propria metafisica della luce. La luce in Grossatesta non è concepita esclusivamente come luce sensibile ma come la prima forma corporea, l'intero mondo deve essere spiegato in rapporto alle molteplici proprietà della luce. Secondo la sua cosmologia Dio avrebbe creato il primo punto di luce dal quale poi attraverso l'auto-irradiazione la luce avrebbe dato origine al Cosmo, le leggi che regolano la diffusione della luce sono quelle dell’ottica geometrica (propagazione in linea retta, riflessione e rifrazione) da ciò scaturiva che la geometria e la matematica erano gli strumenti fondamentali per lo studio e la comprensione del mondo. http://www.liceocoperniconews.it/wp-content/uploads/2017/11/IMG2.Lalucenelmedioevo.jpg

Per quanto riguarda l'analisi dei fenomeni fisici Grossatesta riformulò il metodo induttivo-deduttivo di Aristotele con il nuovo metodo detto della risoluzione e della composizione. Secondo questo metodo i fenomeni venivano scomposti nei loro elementi costitutivi, questo permetteva di dimostrare i nessi tra i diversi fenomeni considerandoli poi nel loro complesso: ad esempio per quanto riguarda lo studio dell'arcobaleno Grossatesta notò che i colori dello spettro erano sempre connessi con sfere trasparenti, sia che si trattasse di gocce d'acqua sia che si trattasse di sfere di cristallo ecc, questi colori risultavano dalla rifrazione dei raggi di luce attraverso tali sfere secondo angoli differenti che si trovavano sempre all'interno dell'arco di un cerchio.

Dopo aver appuntato queste osservazioni le collegò in una teoria generale concludendo che l'arcobaleno si spiega come un caso particolare di rifrazione dei raggi di luce. https://i2.wp.com/upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/8e/Rainbow_formation.png/250px-Rainbow_formation.png

Come si vede queste tipologie di spiegazione sono essenzialmente di tipo matematico geometrico, Grossatesta, infatti, affermava che:

massima è l'utilità di considerare la luce, gli angoli e le figure perché è impossibile conoscere la filosofia naturale senza di essi. Infatti tutte le cause degli effetti naturali devono darsi secondo linee, angoli e figure, altrimenti è impossibile conoscere i nessi e le causa. (Grossatesta, De lineis, angulis et figuris)

Ruggero Bacone (1214-1292), per la tradizione doctor mirabilis, rappresenta il massimo esponente dello sperimentalismo del XIII secolo. Bacone fu allievo di Grossatesta, ma entrò in contatto anche con la cultura parigina sia francescana sia domenicana. Egli sosteneva che le fonti della conoscenza sono due la ragione e l'esperienza. Mentre la ragione ci lascia nel dubbio l'esperienza ci garantisce la certezza. https://www.uccronline.it/wp-content/uploads/2010/11/scienzamedievo.jpg 

Bacone distingue due tipi di esperienza: l'esperienza esterna che ci arriva dai sensi e l'esperienza interna che c'è data dall'illuminazione Divina. Dall'esperienza esterna derivano le verità naturali dall'esperienza interna quelle soprannaturali. https://slideplayer.it/slide/12799156/77/images/6/Conoscenza+Due+modi+per+conoscere%3A+-+argomentazione.jpg

Più precisamente l'esperienza interna è la vita mistica. Questa concezione gli permetteva di collegarsi direttamente alla metafisica della luce di Grossatesta e alla tradizione neoplatonica e agostiniana, pur avviando per così dire la traduzione empiristica. L'importanza dedicata da Bacone all'esperienza lo colloca Infatti tra i precursori della modernità sia per aver dato valore alla ricerca sperimentale sia per aver riconosciuto alla matematica il fondamento e la guida della ricerca sperimentale.   L'altro tema significativo per questo autore e la sua classificazione delle scienze che vede come scienza principe l'ottica-matematica, seguono la scienza sperimentale, la fisica e la filologia.

L'ottica matematica è considerata la porta e la chiave della scienza ove la matematica è scientia scientiarum; la scienza sperimentale è indispensabile allo studio del mondo dato che la luce ne costituisce l'essenza; la fisica coincide con l'indagine sui fenomeni concreti attraverso l'osservazione empirica; la filologia insegna a padroneggiare le lingue e quindi i saperi posseduti da altre tradizioni culturali.

L’autore più rappresentativo della scuola di Oxford è Giovanni Duns Scoto (1265-1308) la cui sottigliezza speculativa gli valse il soprannome di Doctor subtilis. Scoto rappresenta anche l’inizio del declino della scolastica medioevale perché non si riconosce direttamente in nessuna delle sintesi precedenti e da inizio a nuovi orizzonti di pensiero che metteranno le basi per il superamento della cultura delle schole.

La riflessione di Scoto ha alla base due principi metodologici: il primo riguardo il rispetto del pensiero delle fonti, secondo Scoto non può essere attribuito a nessun autore una sentenza falsa o contraddittoria a meno che questa non sia espressamente formulata o che segua con evidenza dalle sue parole; il secondo è cogliere la reale intenzione dell'autore, dunque, quando siamo di fronte a parole e ad affermazioni non del tutto chiare queste non vanno lette alla luce di tesi più assurde di quanto esse stesse esprimano al contrario bisogna prendere le loro affermazioni nel modo più ragionevole possibile.

Proprio a partire da questi due principi nasce l'atteggiamento storico-critico di Scoto, il quale, innanzitutto, prende in considerazione criticamente i problemi attraverso l'analisi della terminologia in uso una sorta di prodomo della filologia: i testi di Scoto sono estremamente articolati e complessi perché a fianco all'esposizione degli argomenti pro e contro presenti nelle dispute vi sono anche le analisi storico-critiche delle diverse opinioni in campo.

Il pensiero di Scoto è profondamente caratterizzato dallo spiritualismo: il motto di Scoto è Ora et cogita, cogita et ora, che sottolinea il continuo scambio e circolo tra preghiera e pensiero, pensiero e preghiera.

Per Scoto Dio è essere e amore, come dimostrato dal dono che fa all'uomo con la venuta di Cristo. Ogni dottrina spirituale dunque non può che avere come fine ultimo l'amore e la pietà religiosa. Per questo Scoto afferma che quando lo studio è fatto per la semplice curiosità intellettuale risulta essere un peccato di lussuria perché appunto rivolto alla mente, ma non al cuore. Da ciò segue che la pieta è migliore della scienza e può sussistere anche senza la scienza, mentre la scienza non può sussistere senza la pietà.

Secondo Scoto la filosofia, che muove sul piano razionale e non si avvale della verità rivelata, può giungere a concepire Dio solo come un principio astratto o come appunto fa Aristotele come il motore immobile, diversamente il teologo, che si basa sulla verità rivelata, può cogliere il mistero della volontà divina e la sua essenza spirituale. Il manifestarsi della volontà divina è l’atto della creazione che porta all’esistenza degli enti.

Da ciò deriva una delle più importanti distinzioni fatte da Scoto ovvero quella tra il piano teorico e quello pratico: mentre il piano teorico e dominato dalla necessità della dimostrazione e dalla causalità scientifica, il secondo, quello pratico, è caratterizzato dalla libertà e non necessità di dimostrazioni, riguarda la vita spirituale e la volontà.

La metafisica è scienza teoretica per eccellenza e dunque è legata la dimostrazione e alla necessità, la teologia invece riguardo il livello pratico e il suo fine è soprattutto educativo.

Piano teorico Piano pratico
metafisica teologia

Non c’è modo di dimostrare l’immortalità dell’anima con la filosofia di Aristotele, e il teologo deve credere nella sua immortalità per fede.

Scoto riconosce per primo l'impossibilità di ricondurre attraverso le dimostrazioni la fede alla ragione. Gli attributi di Dio non possono essere dimostrati e l'uomo può solo accettarli per libera scelta.

Scoto distingue la conoscenza intuitiva cioè quella dell'oggetto presente nella sua esistenza reale e quella astrattiva che prescinde dall'oggetto reale.

L'intuizione coglie l’haecceitas ovvero la singolarità di ciascuna creatura, l'insieme delle caratteristiche che fanno di ogni ente un individuo e irriducibile.

Il fondamento comune della individualità della cosa e dell'universalità del concetto pensato è dato dalla sostanza, da cui appunto nasce sia l'oggetto singolo sia il concetto universale che è nell'intelletto.

Attraverso un processo di individualizzazione, la sostanza che è comune a tutte le cose, sì concreta in una singola cosa, d'altro canto dal processo di astrazione e universalizzazione della sostanza comune nasce grazie al concetto o specie anche l'universale. Perciò la ragione dei singoli non risiede come in Aristotele nella forma che è universale ma nell’haecceitas che è individuale ed è data da Dio.

L'unico attributo riconosciuto a Dio è l'infinità. L'uomo è libero e, per la sua volontà umana. L'unica legge è la legge valida è quella divina. L'amore di Dio e l'obbedienza ai suoi voleri è l'unica azione che non è mai moralmente cattiva, mentre l'odio di Dio è il solo atto veramente cattivo. La filosofia non può mostrare la strada per raggiungere il fine dell'uomo, solo la rivelazione può manifestare all'uomo il suo destino soprannaturale, cioè l'unione beatifica con Dio.

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