Isocrate
Se Platone dette un contributo importantissimo alla fondazione di modelli pedagogico-didattici che dureranno nei secoli, affermando la tendenza a credere in valori antitetici alla realtà storica (il primato assoluto della ragione e la selettività sociale dei processi educativi), Isocrate ( 436-338 a.C.), anche se nome meno famoso, non fu da meno anticipando la diffusione dell'insegnamento retorico-letterario. Qualcuno l'ha chiamato "padre dell'umanesimo", definizione che possiamo accettare se diamo a questo termine non il significato ampio, ma quello più ristretto di "umanesimo scolastico", e se Platone fu riscoperto secoli dopo, Isocrate agi subito nella Grecia del suo tempo e ispirò direttamente, come vedremo, l'educazione del periodo ellenistico. « Da Isocrate sono usciti - scrive Marrou - "come da un cavallo di Troia", notava già Cicerone, quegli innumerevoli pedagoghi, quei letterati, animati da un nobile idealismo, moralisti ingenui, innamorati di belle frasi, facondi e volubili, ai quali l’antichità classica deve, nelle qualità e nei difetti, tutto l'essenziale della sua tradizione culturale. E non l'antichità solamente [ ... ]. è Isocrate che molto più di ogni altro ha la responsabilità di avere ispirato la tradizione letteraria dell'educazione occidentale »
Anche Isocrate era naturalmente appartenente alla classe dominante, e quanto egli rivendicava a se la definizione di "filosofo” ed è bene ricordare che nell'Atene del V secolo il termine si riferiva a quei pochi che potevano vivere senza essere tenuti a lavorare, ma liberi di pensare, parlare e contemplare. Del resto, un senso molto vicino era usato da Platone, a proposito dei "filosofi" governanti del suo stato utopistico. In Isocrate, non c'e niente della grande lucidità e profondità di Platone: egli rimase sempre un professore di eloquenza, anche un sofista, se vogliamo, dal momento che era stato allievo di due celebri maestri della sofistica Prodico e Gorgia. Ma dai Sofisti Isocrate non aveva preso il gusto di piegare . la parola a uno scopo concreto, a un'utilità sociale pratica; anzi, Isocrate disprezzava l'attenzione diretta alla vita politica e alle sue esigenze e curava invece il ritorno ai valori formali della parola, dell'orazione pubblica, insomma dell'eloquenza vera e propria. Un contemporaneo dira di Isocrate e dei suoi allievi: « Sono dei letterati e non dei sofisti », come dire: si divertono a fare bei discorsi ma senza tangibile utilità. Per Isocrate, l’efficacia formativa dell'eloquenza, come i futuri "classicisti" ripeteranno per secoli, era di educare la finezza dello spirito e la elevatezza del gusto, non di formare capacita operative. Isocrate pero non era disinteressato della politica in senso completo. Era un conservatore, anche lui un nostalgico dell'aristocrazia. che sa tuttavia di dover venire a patti con tempi sempre meno aristocratici e sempre più lontani dai modelli di grandezza ateniese: Atene, per lui, avrebbe ritrovato un predominio morale solo se avesse riunito tutti i Greci contro i barbari. Questi barbari erano i persiani, tutto sommato ancora potenti, ma anche i macedoni che principiavano a farsi minacciosi.
La scuola isocratea non faceva studiare solo eloquenza, ma anche diritto e storia epica, e perfino un po' di matematica, non come fine di un processo ideale di formazione, solo come mezzo didattico per plasmare una personalità armonica, ordinata e capace di dimostrare agli altri la verità più indiscussa. La letteratura per esempio è studiata perchè la conoscenza dei poeti è utile per le citazioni colte con cui ornare i discorsi. Ossia, di avere una opinione corretta e di comunicarla ad altri. Platone, invece, svalutava l'opinione anche quando era giusta, perché sempre viziata da una componente sensoriale e terrena, ben distante dal criterio di verità assoluta per lui consistente nella contemplazione razionale delle idee. La matematica di Isocrate ricorda molto di più quella delle nostre scuole, una delle materie principali, ma non intesa in senso assoluto, come in Platone.
Infine, bisogna sottolineare che anche Isocrate si occupava dell'educazione dell’élite; d'altronde, continuerà per secoli ad essere normale che i processi formativi organizzati siano riservati ai pochi, alla selezionata cerchia dei figli della classe dominante.
Il corso di formazione durava dai tre ai quattro anni e la tariffa era per quel tempo abbastanza alta circa mille dracme. Gli allievi formavano classi di circa nove persone e passavano il tempo leggendo e commentando le opere di Isocrate scritte appositamente per scopo didattico. In particolare veniva curata la memoria, la corretta impostazione di voce e gesti e infine l'invenzione di figure retoriche (paragoni, metafore e analogie). Ogni mese si svolgono gare di dibattito tra gli studenti e viene incoronato simbolicamente il vincitore. Il clima è quello comune a tutte le scuole greche improntato sulla fraternità e l'amicizia.
Senofonte
Senofonte (430-354 a.C.) aveva molti punti in comune con Platone: suo coetaneo, discendente anche lui da una ricca famiglia, condiscepolo di Socrate e poi autore anche lui di una Apologia del maestro, fuggiasco da Atene pressappoco nello stesso periodo di Platone, quando gli aristocratici filo-spartani e i loro amici non avevano la vita facile, anche lui ideatore di uno o più progetti di rigenerazione politico-economica. Proposti anche a Dionisio (lo stesso cui correva dietro Platone ). Ma dice un proverbio latino che se due fanno le stesse cose, non per questo sono gli stessi. Platone arricchisce straordinariamente la sua ideologia aristocratica con una visione di grande creatività e coerenza; . Senofonte si occupa praticamente delle stesse cose, ma gli da un taglio ben diverso, e per volere apparire competente in troppi campi rimane un velleitario, a volte interessante e perfino acuto, altre volte confuso e noioso a leggersi.
Due cose soprattutto, fra le tante che egli tratto (perfino dei metodi di estrazione dell'argento dalle miniere ateniesi che proponeva ai suoi compatrioti per ringraziarseli), gli stavano a cuore: il cavallo e la disciplina spartana. Il primo fu la sua grande passione: cavaliere eccezionale, campione di caccia a cavallo, ufficiale di cavalleria (ii suo sogno irrealizzato fu quello di comandare un esercito di cavalieri) vede ii "nobile animale" come simbolo delle qualità aristocratiche, come un privilegio di classe che bisogna meritarsi con una conoscenza e un amore per ii quadrupede che consentano, in certi momenti, di fare corpo con lui e di sentirsi una stessa anima. Anche Platone inserisce la pratica equestre fra i momenti della formazione di un giovane signore: ma per Senofonte esso dovrebbe addirittura costituirne ii nucleo, certamente l’attività più rappresentativa. In effetti, molti brani delle sue due opere dedicate alla vita dei cavalli e dei cavalieri in guerra e in pace, sono fra le sue pagine migliori, se non fra le più convincenti.
Fuggito da Atene, il trentenne Senofonte è assunto alla corte del principe persiano Ciro che aspira al trono del fratello Artaserse. Le male Lingue dissero che il bel Senofonte era stato assunto come istruttore di cavalleria, ma che venne chiamato vicino al principe per aver fatto colpo su una delle sue mogli, la vivace Aspasia. Fu probabilmente in questo momento che Senofonte penso alla Ciropedia, biografia romanzata del vecchio Ciro, fondatore dell'impero persiano, antenato omonimo del principe che lo teneva a servizio. La tesi dell'opera è tipicamente pedagogica: il grande Ciro non avrebbe fatto quello che ha fatto se non fosse stato educato secondo i principi della agoghe (disciplina spartana). A questo punto Senofonte fa volutamente qualche confusione, attribuendo ai persiani procedimenti e usanze educative identiche a quelle degli spartani. Ma ciò importa poco. Anzi, appunto perché inventato (come tanti altri punti della stessa Ciropedia e di altre sue opere), testimonia che Senofonte "vedeva spartano" in ogni dove e in ogni tempo. Sognava nell'educazione e nell'organizzazione sociale una severa disciplina, il rispetto rigido della gerarchia, applicando anche all'amministrazione civile la stessa normativa tipica della vita militare; esaltava la grandezza del tiranno, compiangendolo per ii grande fardello che si assumeva e invitandolo ad essere inflessibile. Oltrepassando i modelli spartani e lo stesso Platone, in vecchiaia propose una statizzazione completa della vita produttiva e perfino della vita privata, militarizzando anche le famiglie al loro interno. Soltanto cost Atene sarebbe potuta tornare ricca e potente, riaccendendo sull'Acropoli ii faro panellenico cui tutti i popoli di allora avrebbero guardato. Purtroppo per lui le cose non andarono cost: Atene e Sparta furono battute da Tebe a Mantinea, e scomparvero definitivamente dalla scena delle grandi potenze di allora, in attesa della prossima conquista macedone che avrebbe cancellato e assorbito insieme grandezze e miserie del vecchio mondo greco.