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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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Tutto il Tractatus si concentra su un problema fondamentale: il rapporto tra il mondo e il linguaggio. La soluzione che viene proposta è, nelle sue linee di fondo, piuttosto semplice: il linguaggio rappresenta i fatti del mondo, in quanto è in grado di riprodurre al suo interno la struttura del mondo; nella sua natura più profonda il linguaggio è essenzialmente "geroglifico", perché ha la stessa forma di ciò che intende rappresentare e rispetto a cui è, in tal modo, isomorfo. Quando il linguaggio, per un qualsiasi motivo, smarrisce la funzione rappresentativa che gli è propria sorgono espressioni insensate e domande che non potranno ricevere alcuna risposta; su queste domande insensate sono stati costruiti gli edifici della metafisica tradizionale.

L’autore non fa quasi mai riferimento ad altri filosofi a ad altre teorie da cui possa aver tratto spunto per le proprie riflessioni. E’ quindi quasi eccezionale che riconosca esplicitamente un debito nei confronti di Frege e Russell per quello che riguarda la logica simbolica, l’intento di depurare il linguaggio ordinario da equivoci e ambiguità, il paradosso dell’autoriferimento e la teoria dei tipi.

https://www.wittgensteinproject.org/w/index.php?title=Tractatus_logico-philosophicus_(italiano)

Le proposizioni principali del Tractatus sono:

1   Die Welt ist alles, was der Fall ist.          

Il mondo è tutto ciò che accade

2   Was der Fall ist, die Tatsache, ist das Bestehen von Sachverhalten.

Ciò che si trova ad essere attuato, cioè ogni fatto, è il sussistere di stati di cose.

3   Das logische Bild der Tatsachen ist der Gedanke.

L’immagine logica dei fatti è il pensiero.

4   Der Gedanke ist der sinnvolle Satz.

Il pensiero è la proposizione munita di senso.

5   Der Satz ist eine Wahrheitsfunktion der Elementarsatze. (Der Elementarsatz ist eine Wahrheitsfunktion seiner selbst).

Ogni proposizione è una funzione di verità di proposizioni elementari. (Ogni proposizione elementare è una funzione di verità di se stessa).

6   Die allgemeine Form der Wahrheitsfunktion ist: [pˉ, ξ, N(ξ) ]. Dies ist die allgemeine Form des Satzes.

La forma generale delle funzioni di verità è: [pˉ, ξ, N(ξ)]. Questa è la forma proposizionale generale.

7   Wovon man nicht sprechen kann, daruber muss man schweigen.  

Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere.

Innanzi tutto vediamo che anche se il libro tratta del linguaggio,  si apre con una serie di considerazioni sul ‘mondo’, sui ‘fatti’ e sugli ‘stati di cose’: Wittgenstein sta qui gettando le basi di tutta la sua opera di chiarificazione logica, partendo dagli elementi che sono in gioco nel linguaggio, scomponendoli nei loro caratteri essenziali e mostrandone l’articolazione interna. Se il linguaggio parla del ‘mondo’ e dei ‘fatti’ si dovrà prima capire cosa essi siano, per poi mostrare quale legame sussista tra essi e il linguaggio e come si possa parlarne con pretesa di verità o di accrescimento della conoscenza (luoghi classici questi, di tutto il dibattito filosofico anche per come è stato affrontato nel corso del triennio di studi superiori). Il mondo è la totalità dei fatti (termine che implica anche il concetto di ‘spazio logico’) e non delle ‘cose’, così come il linguaggio è la totalità delle proposizioni e non dei nomi (in entrambi i casi si delinea cioè un’articolazione complessa in cui sono in gioco relazioni tra elementi; queste relazioni sono racchiuse nel concetto di ‘spazio logico’ ovverosia la possibilità che qualcosa avvenga o no, che qualcosa sia vero oppure falso). Tutto ciò che accade è una porzione più o meno ampia di ciò che potrebbe accadere.

I punti 1 e 2 definiscono il mondo come insieme non di cose ma di fatti e si adeguano al mutamento di prospettiva introdotto nel 1905 da Russell, gli eventi prendono di conseguenza il posto degli oggetti

1 Il mondo è tutto ciò che accade.

1.1 Il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose.

1.11 Il mondo è determinato dai fatti e dall’essere essi tutti i fatti.

1.12 Ché la totalità dei fatti determina ciò che accade, ed anche tutto ciò che non accade.

1.13 I fatti nello spazio logico sono il mondo.

1.2 Il mondo si divide in fatti.

1.21 Qualcosa può accadere o non accadere e tutto il resto rimanere eguale.

2 Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose.

2.01 Lo stato di cose è un nesso di oggetti (entità, cose).

2.011 È essenziale alla cosa il poter essere parte costitutiva d’uno stato di cose.

2.012 Nella logica nulla è accidentale: Se la cosa può ricorrere nello stato di cose, la possibilità dello stato di cose dev’essere già pregiudicata nella cosa

 

I punti 3 e 4 stabiliscono che il linguaggio è un'immagine isomorfa del mondo in cui i nomi corrispondono agli oggetti e la struttura delle proposizioni alla relazione fra gli oggetti in esse menzionati

Ma cosa vuol dire raffigurare qualcosa? Che cosa hanno in comune un’immagine e l’oggetto raffigurato? Ad esempio: Che cosa hanno in comune il progetto di una casa e la casa costruita, una ricostruzione con dei modellini della dinamica di un incidente stradale e l’incidente stesso? https://www.elaborationline.it/wp-content/uploads/2019/11/Architettura12.jpg https://4.bp.blogspot.com/-Uw3ue6daUiw/WUFQXM9IrkI/AAAAAAAAMw4/Tyxrai8uUokCc-sKBYFTrVZ5xXBBQA_ZQCLcBGAs/s1600/constatazione-amichevole-compilata.jpg In che modo lo raffigurazione, il modello, lo schema corrispondono alla realtà? E sulla base di che cosa si definisce questa relazione di ‘corrispondenza’?

Per fondare il rapporto tra linguaggio e mondo viene elaborata una teoria per cui il primo raffigura il secondo così come un'immagine proiettiva bidimensionale raffigura un oggetto tridimensionale.

Noi sappiamo che un oggetto reale, tridimensionale può essere riprodotto proiettivamente secondo una prospettiva formale (geometrica) bidimensionale. https://c8.alamy.com/compit/cwnayy/disegnare-il-sole-nel-cielo-cwnayy.jpg Nonostante ogni possibile stilizzazione e deformazione, tale proiezione consente di riconoscere il modello di partenza. Esiste quindi una sorta di regola attraverso la quale un fatto riproduce effettivamente in modo comprensibile un altro fatto diverso. La stessa cosa avviene in sostanza nell'ambito che interessa Wittgenstein. Il fatto linguistico raffigura, secondo forme mezzi propri, l'altro e diverso fatto costituito dagli oggetti reali.

La raffigurazione è compiuta dalle proposizioni atomiche, la cui verità o falsità può essere accertata in modo rigoroso il rapporto al darsi o al non darsi dei fatti enunciati. Quanto alle proposizioni molecolari, la loro verità o falsità dipende da quella delle proposizioni atomiche che le costituiscono. (Sergio Moravia, Filosofia)

Perciò afferma Wittgenstein nella 4.112:

Lo scopo della filosofia è la chiarificazione logica dei pensieri. La filosofia non è una teoria, ma un'attività. Un'opera filosofica consiste essenzialmente di elucidazioni. Risultato della filosofia non è un insieme di "proposizioni filosofiche", ma il chiarirsi di proposizioni. La filosofia deve rendere i pensieri, che altrimenti sarebbero nebulosi e confusi, chiari e nettamente delimitati.

4.46 Tra i possibili gruppi di condizioni di verità vi sono due casi estremi. Nel primo caso, la proposizione è vera per tutte le possibilità di verità delle proposizioni elementari. Noi diciamo che le condizioni di verità sono tautologiche. Nel secondo caso, la proposizione è falsa per tutte le possibilità di verità. Le condizioni di verità sono contraddittorie. Nel primo caso noi chiamiamo la proposizione una tautologia; nel secondo, una contraddizione.
4.461 La proposizione mostra ciò che dice; la tautologia e la contraddizione mostrano che esse non dicono nulla. La tautologia non ha condizioni di verità, poiché è incondizionatamente vera; e la contraddizione è sotto nessuna condizione vera. [...] 
4.4611 Tautologia e contraddizione non sono però insensate; esse appartengono al simbolismo, cosí come lo “0” al simbolismo dell’aritmetica.        
4.464 La verità della tautologia è certa; della proposizione, possibile; della contraddizione, impossibile.

Vi sono dunque proposizioni sempre vere, come "nevica o non nevica" o "se piove, allora piove" e proposizioni sempre false come "piove e non piove". Sono proposizioni il cui stato di verità e di falsità è del tutto indipendente dai fatti e si chiamano rispettivamente tautologie e contraddizioni. Le leggi logiche sono tutte tautologie, cioè giudizi nei quali il predicato non fa che enunciare in modo diverso il medesimo contenuto del soggetto, esprimendo così soltanto una condizione di possibilità. https://i.ytimg.com/vi/Pocxu4a5qVE/maxresdefault.jpg

Il punto 5 decreta che il linguaggio è riconducibile alla logica proposizionale e il valore di verità di una proposizione al valore di verità delle sue componenti

Il criterio di verità di una proposizione complessa dotata di senso è la verità delle proposizioni atomiche che la costituiscono. La presenza dei connettivi logici ("e", "o", "se... allora", "se e solo se") rende inconfrontabili le proposizioni molecolari con stati di cose, perché i connettivi non rappresentano alcunché. "Piove e fa freddo" è, per esempio, vera se effettivamente piove ed effettivamente fa freddo, ma "piove o fa freddo" è vera sia quando non piove e fa effettivamente freddo, sia quando effettivamente piove, però non fa freddo.

Il punto 6 La forma generale delle funzioni di verità è: [pˉ, ξ, N(ξ)].  Viene spiegato così da Russell nella prefazione:

La spiegazione dell'onorevole Wittgenstein del suo simbolismo a questo punto non è data completamente nel testo. Il simbolo che usa è [  p-bar  xi-bar N (  xi-bar )]. Quella che segue è la spiegazione di questo simbolo:

 p-bar  sta per tutte le proposizioni atomiche.
 xi-bar  sta per qualsiasi insieme di proposizioni.
N(  xi-bar ) sta per la negazione di tutte le proposizioni che compongono  xi .

L'intero simbolo [  p-bar  xi-bar N (  xi-bar )] significa tutto ciò che può essere ottenuto prendendo qualsiasi selezione di proposizioni atomiche, negandole tutte, quindi prendendo qualsiasi selezione dell'insieme di proposizioni ora ottenute, insieme a qualsiasi degli originali -- e così via indefinitamente. Questa è, dice, la funzione di verità generale e anche la forma generale della proposizione. Ciò che si intende è un po' meno complicato di quanto sembri. Il simbolo intende descrivere un processo con l'aiuto del quale, date le proposizioni atomiche, tutti gli altri possono essere fabbricati. Il processo dipende da:

(a) la prova di Sheffer che tutte le funzioni di verità possono essere ottenute dalla negazione simultanea, cioè da ``not - p e not - q '';
(b) la teoria del sig. Wittgenstein sulla derivazione di proposizioni generali da congiunzioni e disgiunzioni;
(c) L'affermazione che una proposizione può verificarsi solo in un'altra proposizione come argomento di una funzione di verità. Date queste tre basi, ne consegue che tutte le proposizioni che non sono atomiche possono essere derivate da tali, mediante un processo uniforme, ed è questo processo che è indicato dal simbolismo del signor Wittgenstein.

Da questo metodo di costruzione uniforme si arriva a una sorprendente semplificazione della teoria dell'inferenza, nonché a una definizione del tipo di proposizioni che appartengono alla logica. Il metodo di generazione appena descritto consente a Wittgenstein di dire che tutte le proposizioni possono essere costruite nel modo sopra descritto a partire da proposizioni atomiche, e in questo modo viene definita la totalità delle proposizioni. 

E il paradosso di Russell, dove è finito? https://4.bp.blogspot.com/-_5UF9jr6OQc/UGsYnEXlJeI/AAAAAAAAKCo/KLIp0Fnue78/s1600/frase-falsa.jpg

Ve ne è un accenno nella proposizione del Tractatus 3.333, una proposizione che per quanto è dato ricercare non viene mai spiegata con molta precisione, dice: Una funzione non può essere suo proprio argomento perchè il segno funzionale contiene già l’immagine primitiva del suo argomento e non può contenere se stesso.

Cosa intende Wittgenstein quando dice che una funzione non può essere suo argomento? Per Wittgenstein vuol significare che, nel linguaggio una funzione non può essere suo argomento. Ad esempio se io scrivo F(Fu) in cui u= Socrate è F=saggio, posso dire Socrate è saggio, ma non posso dire come invece vorrebbe indicare la funzione Socrate è saggio, è saggio. Posso dire al massimo Socrate è saggio e tutto ciò che ho detto è saggio. Ma naturalmente il concetto di “saggezza” della seconda frase è diversa dalla prima; conseguentemente i due simboli di funzione devono essere diversi così ad esempio F(fu) o in qualsiasi altro modo. Si tratta di una chiarificazione notazionale che precisa l'uso scorretto della simbologia che viola il fatto che una “funzione” non può essere suo argomento. Con ciò Wittgenstein conclude: s’elimina il paradosso di Russell.
La soluzione del paradosso di Russell in effetti è la soluzione del paradosso relativo appunto alle funzioni: se noi affermiamo che ogni funzione con un argomento incognito determina un insieme dovremmo rappresentare l'insieme di tutti gli insiemi che comprendono se stessi o l'insieme di tutti gli insiemi che non comprendono se stessi con una funzione che li raggruppa tutti e che quindi come argomento ha la totalità di quegli insiemi. Questo è peraltro il problema del Tractatus stesso che è costruito sì con la logica, ma non può appunto raffigurare la logica. A sua volta, l’impossibilità di “dire” la forma logica sembrerebbe riconnettersi idealmente ad un altro interdetto, quello esposto nella settima proposizione: Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.

E il punto 7 in effetti mette il dito nella piaga delle limitazioni intrinseche del linguaggio ovvero che benché esso mostri la propria forma non può però parlarne, se il linguaggio esprime il come e non il che, ciò che più conta nell'esperienza umana, il senso del mondo e i valori che nel mondo ci orientano, è Mistico, cioè destinato al silenzio, precluso al linguaggio.

http://www.lachiavedisophia.com/wp-content/uploads/2016/11/15151505_1812681459000023_816599975_n-01-w855h425.jpg

 

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