Lo studio della comunicazione umana occupa fin dall’antichità un posto centrale nella riflessione del pensiero occidentale. Da prima nell’antichità con la Sofistica, Socrate, Platone, Aristotele la scuola stoica e poi nell’epoca moderna, come sviluppo della disputa medievale sugli universali, con Hobbes, Locke, Leibniz ed altri la filosofia a rivolto la sua attenzione alla comunicazione umana e da essa è poi nata, in epoca contemporanea, la filosofia del linguaggio soprattutto grazie all’incipit mosso dalla tradizione analitica.
Con lo sviluppo della psicologia come scienza autonoma e la nascita della cibernetica lo studio della comunicazione umana ha lasciato il campo della mera riflessione teoretica ed è diventato un tema con numerosi risvolti pratici che vanno dallo sviluppo dei linguaggi artificiali allo studio delle relazioni umani.
Tra le diverse scuola quella di Paolo Alto è sicuramente centrale per lo studio della pragmatica e, benché si avvalga di diversi contributi e faccia rifermento a molteplici modelli, presenta una sua particolare interpretazione del valore della comunicazione all’interno delle relazioni umane dando ragione di diversi processi che sono analizzati dalla teoria sistemica.
Comunicare significa etimologicamente mettere in comune, rendere manifesto accessibile, condivisibile. |
Uno dei modelli più noti utilizzato per spiegare il processo comunicativo è quello del linguista russo Roman Jacobson (1896-1982) Questo modello si intreccia con la teoria cibernetica dell’informazione di Claude Shannon (1916-2001) nota come teoria matematica dell’informazione. Nella sua tesi egli spiegava «come usare l’algebra di Boole per progettare circuiti di commutazione complessi, contribuendo “a trasformare da arte a scienza la progettazione dei circuiti digitali”». Il modello teorico di Shannon è molto semplice e riproduce la struttura base di ogni atto comunicativo, inteso come trasmissione d’informazioni, da una fonte ad una meta.
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Gli elementi principali del modello di Jacobson sono:
Contesto | ||
emittente (colui che invia il messaggio) | messaggio | ricevente (colui che riceve il messaggio) |
canale | ||
codice |
Il contesto (referente) è l’insieme delle circostanze che determinano la situazione in cui una o più persone si trovano a comunicare. Tutti i comportamenti verbali e non verbali assumono il loro significato in rapporto a tale situazione.
L’ emittente è chi dà inizio alla comunicazione. Il ricevente è chi è posto alla fine della comunicazione.
Il messaggio è l’informazione trasmessa e prodotta secondo le regole di un determinato codice.
Il codice è un sistema di segni che, in base a regole, è destinato a rap- presentare e trasmettere l’informazione.
Il canale (contatto) è il mezzo fisico che rende possibile la trasmissione del messaggio oppure il mezzo espressivo usato per trasmettere (la voce) e l’apparato sensoriale usato per ricevere (l’apparato uditivo).
Il rumore è costituito dal disturbo che può ricevere la comunicazione del messaggio, nelle sue varie fasi, e ne impedisce o rende difficoltosa la ricezione.
Facciamo un esempio. Due studenti, finita la ricreazione, stanno per entrare nella classe ridendo rumorosamente, un loro compagno si affaccia alla porta, portando l’indice della mano destra verticalmente alla bocca e manda un’occhiata verso la porta. Ottiene così l’effetto desiderato: fare cessare lo schiamazzo dei due compagni. Il contesto è l’ambiente scolastico quando la “ricreazione” è finita; l’emittente è il compagno che si affaccia alla porta; i riceventi sono i due ragazzi che ridono rumorosamente; il messaggio è costituito dal significato dei gesti del ragazzo sulla porta: “Fate silenzio, perché il professore è in classe”; il codice è di tipo mimico-gestuale; il canale è quello visivo; il rumore è costituito dal fatto che, essendoci ancora tanti alunni che si muovono liberamente per il corridoio, i due ragazzi non si sono accorti della fine della ricreazione.
Questo schema che illustra il processo comunicativo presenta un carattere lineare.
Prevede un emittente che, attraverso un dato canale, invia un messaggio, adeguatamente codificato, a un ricevente. Il ricevente, attraverso un processo di decodifica, può intenderlo e, a sua volta, inviare una risposta all’emittente.
Il primo a mettere in discussione il modello lineare della comunicazione fu Gregory Bateson (1904-1980)
L’idea di Bateson è quella di integrare la cibernetica con la Teoria Generale dei Sistemi di L. Von Bertalanffy. Nella visione cibernetica ogni sistema organizzato si caratterizza per la coordinazione delle sue parti componenti e per il controllo che alcune di esse esercitano su altre attraverso meccanismi di scambio di informazioni di tipo circolare, dove centrale risulta il concetto di feedback.
Feedback = procedimento di controllo della recezione delle informazioni |
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Bateson individuò anche le implicazioni del paradosso di Russell nella pragmatica della comunicazione che portano alla situazione patologica del doppio loegame (double bind)
L’idea che il processo comunicativo sia circolare e non lineare e caratterizzato da più livelli della comunicazione (o tipi logici per usare la terminologia russelliana) ha stimolato gli studiosi della scuola di Paolo Alto, in particolare Paul Watzlawick (1921-2007), Janet Bevin (1940) e Donald Jackson (1920-1968), che hanno dato avvio allo studio della pragmatica della comunicazione con il testo Pragmatics of Human Communication del 1967 (edizione italiana del 1971). Nel testo si trovano cinque assiomi o principi che fondano la pragmatica della comunicazione:
Il primo assioma afferma che |
“Non si può non comunicare” |
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Ogni essere umano dal momento in cui nasce è costretto a comunicare sia che lo faccia in modo intenzionale sia che lo faccia in modo non intenzionale.
Il fatto stesso di condividere uno spazio, anche nel silenzio, stabilisce una relazione nella quale ci si scambiano dei messaggi.
Intenzionalmente e verbalmente quando parliamo, oppure non intenzionalmente e verbalmente con un lapsus, ancora intenzionalmente ma non verbalmente con uno sguardo o un gesto ed infine non intenzionalmente e non verbalmente con un movimento quando per esempio esprimiamo paura di fronte ad un suono improvviso.
Il secondo assioma afferma che |
“Ogni comunicazione ha un aspetto dicontenuto e unaspetto di relazione, di modoche il secondo classifica ilprimo ed è quindimetacomunicazione” |
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Come si comunica attribuisce il senso a cosa si comunica (quanti messaggi si possono mandare con un semplice “ciao”?)
Di solito il verbale esprime meglio il contenuto, il non verbale la relazione...anche di qui l'importanza a fare attenzione alla persona e non solo alle parole che dice.
In virtù della metacomunicazione che scaturisce dalla relazione è possibile confermare e accettare la relazione implicata nella comunicazione, rifiutarla o disconfermare l’altro (ovvero negare la sua esistenza), la disconferma produce particolare sofferenza, un esempio classico è quando sollecitati da qualcuno a fornire chiarimenti gli rispondiamo che "sei troppo giovane per capire" oppure "sei troppo convolto per parlarne", etc. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcRHrM3D1uhP3ud0nOKccQDAaqmoBIQ-H9Hw7A&usqp=CAU
Il terzo assioma afferma che |
“La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti” |
Ogni azione comunicativa (atteggiamento, comportamento, affermazione...) influenza ed è influenzata dal comportamento verbale e non verbale dell'interlocutore. Coloro che partecipano all’interazione necessariamente introducono un punto d’inizio, che è però frutto di una loro scelta arbitraria. Ogni interlocutore opera la propria scelta, che non per questo è più valida di quella di un altro. Voler stabilire nessi di causa/effetto è arbitrario (chi ha cominciato? Ti ho detto, ma tu mi avevi fatto! E tu, invece...) Un esempio di ciò è dato dalle discussioni in famiglia.
Il quarto assioma afferma che |
“Gli essere umani comunicano sia con il modulo digitale (o numerico) sia con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia, ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica, ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire, in modo che non sia ambiguo, la natura delle relazioni”. |
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La comunicazione non verbale definisce la relazione tra gli interlocutori rinforza il messaggio, aumentandone l'efficacia consente di filtrare messaggi difficili o imbarazzanti....
La comunicazione non verbale si esprime attraverso
il paraverbale Uso della voce: tono, volume, ritmo
la cinesica Uso delle espressioni e dei movimenti del corpo
la prossemica Uso dello spazio https://www.mediagold.it/site/assets/files/18440/cnv-0002-distanza-prossemica.jpg
gli artefatti Uso degli oggetti, dell'abbigliamento
i fattori ambientali Uso degli arredi, della luce, del calore etc
Il quinto assioma afferma che |
“Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sulla eguaglianza o sulla differenza” |
Tra persone che non sono sullo stesso piano per potere, ruolo comunicativo, autorità sociale ecc. la comunicazione è “complementare”, mentre è “simmetrica” tra interlocutori che si considerano sullo stesso piano.
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Proprio dalle relazioni complementari si generano le comunicazioni patologiche che danno origine al doppio-legame come nel caso di un docente che esorta uno studente a rispondere spontaneamente...se lo studente risponderà non sarà più spontaneo in quanto lo ha fatto in risposta ad una esortazione, ma se non risponderà mancherà ad un atto che gli è stato richiesto dall'insegnante trovandosi dunque in una contraddizione paradossale e senza uscita.