https://gabriellagiudici.it/wp-content/uploads/2014/07/antihegelismo-di-Kierkegaard.jpg Kierkegaard riconosce la grandezza di Hegel tuttavia quest'ultimo sarà il suo principale bersaglio filosofico insieme a Fichte. Il primo torto dell'idealismo è quello di aver voluto costruire una filosofia senza presupposti concreti, ovvero di avere identificato il principio, "il cominciamento", della riflessione filosofica in un'astrazione. Nessuna filosofia secondo Kierkegaard può prescindere dall'atto di pensiero dell'individuo, la stessa astrazione è figlia dell'individuo che è innanzitutto un singolo esistente. È dunque sempre l'individuo ad essere il vero "cominciamento" o principio della riflessione filosofica. https://thumbs.dreamstime.com/b/uomo-di-affari-che-pensa-seriamente-qualcosa-mano-sulla-testa-90204944.jpg
Contro Hegel che ha identificato reale e razionale, Kierkegaard fa propria e radicalizza in termini antidealistici la prospettiva di Schelling secondo cui la realtà non è mai riducibile al pensiero, perché eccede l’ambito puramente logico.
La realtà non è universalità, ma particolarità. Non può essere ricondotta alla logica come ha fatto Hegel. La realtà, lungi da essere necessaria, è contingente ovvero possibilità di essere come di non essere per ciò è la libertà a caratterizzare sia Dio che l’uomo. La realtà è fattuale, contingente ed effettiva da cui scaturisce che solo il singolo uomo è reale, l’umanità come concetto ha solo valore logico e quindi non esiste veramente. Fondamentale è dunque per Kierkegaard l'istanza del singolo, la verità è una verità solo quando è una verità per me, non nel senso che è relativa, ma in quanto la verità si può sperimentare soltanto nell'esistenza individuale, come esperienza del singolo individuo che se ne appropria secondo modalità che sono soltanto sue. Da ciò deriva anche l’irriducibilità dell’esistenza ad una qualsiasi categoria logica. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcR_--o0iKPKIE_sTltsPSiAMBFudAe8Z8pCpzOn80aUbkF7PqUU2w
Contro la filosofia hegeliana che riassorbe il valore e il significato del particolare, dell’individuo nell’universale, nel tutto, sia questo concepito come lo Stato, la storia o lo spirito, Kierkegaard muove dall’uomo nella sua concretezza e irripetibilità. Hegel dice il filosofo di Copenaghen ha ridotto l'uomo ad un animale https://static.androidiani.com/wp-content/uploads/2016/12/Beast_KH.png affermando la superiorità del genere sul singolo, ma la caratteristica propria dell'uomo e invece la sua irriducibile individualità ovvero che il singolo è superiore al genere.
Questo vale anche per Dio, il Dio cristiano è un singolo, un Dio persona, non un’entità logica mossa dal movimento dialettico della ragione, la dimostrazione di ciò è che egli nel cristianesimo si manifesta con l’incarnazione in un singolo individuo. https://lachiesarestaurata.it/files/2019/09/Gesù-il-Cristo.jpg Diversamente l'idealismo è caduto in una sorta di panteismo perché ha preteso far sintesi tra uomo e Dio, tra finito e infinito.
Secondo Kierkegaard l'esistenza non è un'entità necessaria e garantita ma un'insieme di possibilità che pongono l'uomo di fronte a una scelta che implica sempre una componente inalienabile di rischio. Il nodo cardine della filosofia di Kierkegaard sta dunque nel ricondurre l’esistenza umana alla categoria di possibilità, sottolineando l'aspetto negativo di ogni possibilità, perché per ogni "possibilità che si" vi è una "possibilità che non":
Di solito la possibilità di cui si dice ch'è così lieve si intende come possibilità di felicità di fortuna, eccetera. Ma questa non è affatto la possibilità questa è un'invenzione e fallace... nella possibilità tutto è ugualmente possibile e per questo la possibilità è la più pesante di tutte le categorie (Kierkegaard, Il concetto dell'angoscia)
In altri termini ogni scelta ne nega un'altra ponendo l'individuo in una sorta di paralisi.
Nella scelta non c’è conciliazione degli opposti come nella dialettica di Hegel, perché ogni scelta ne nega di fatto un’altra. Non esistono “e…e” ma solo “aut…aut”. https://ildesigndeldettaglio.it/wp-content/uploads/2019/02/come-fare-la-scelta-giusta.jpg La libertà-possibilità getta anche l’uomo nella disperazione, perché non vi sono appigli o mappe che consentono di valutare una scelta e l’esistenza rimane incerta e indeterminata, tanto meno può venirci in soccorso la ragione. La scelta infatti si configura come un atto di follia, perché è impossibile scegliere soppesando tutte le possibili variabili, impossibile calcolare tutti i pro e i contro. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcT07irceP9dkls4JS6ML1Jnqukgaa4q4p41PGvmFqDt7nwm3i627Q
Qui si parla di scelta in senso assoluto, non quando ci conformiamo a delle consuetudini imposte o consolidate. Non è una vera scelta vestirsi più pesate se aprendo la finestra sento che fa freddo, non è una vera scelta prendere l’ombrello se ho sentito che domani pioverà, ecc. La vera scelta è quando non c’è un protocollo da seguire, quando da noi e solo da noi dipende quello che seguirà. Kierkegaard afferma con forza che quando si sceglie si è posti davanti a se stessi, dunque la scelta ti fa capire chi veramente sei https://www.copia-di-arte.com/kunst/georg_melchior_kraus/1017005-1.jpg, mentre prima di scegliere l’uomo non si conosce veramente.
Tanto è vero che persino la rinuncia alla scelta è una scelta, una scelta attraverso la quale l'uomo rinuncia a farsi valere come io, dunque:
La scelta è decisiva per il contenuto della personalità; con la scelta essa sprofonda nella cosa scelta e se essa non sceglie, appassisce in consunzione. (Kierkegaard, Aut-Aut)