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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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La Teoria quantistica di solito chiamata meccanica quantistica o teoria dei quanti è la teoria che descrive il comportamento di elettroni, protoni, fotoni e particelle subatomiche ovvero tutto ciò che riguarda il mondo dell'immensamente piccolo, ma che oggi sappiamo che riguarda anche laser superconduttori super fluidi ed altri oggetti che in realtà appartengono per così dire al nostro mondo almeno per quanto riguarda la possibilità di osservarli.

Mentre la teoria della relatività può essere attribuita in gran parte soltanto ad Einstein la teoria dei quanti è stata sviluppata da diversi autori tra cui Einstein stesso, tra questi vie è Max Plank che può essere considerato il primo Bohr, de Broglie, Heisenberg, Schrodinger, Born, von Neumann, Paoli, Dirac eccetera

Tutto ebbe inizio nel primo ventennio del Novecento quando gli studi di Maxwell, Plank, Einstein e De Broglie  portarono a formulare una proposta singolare quanto innovativa. Maxwell aveva compreso che la luce era da considerarsi una parte dello spettro elettromanietico quindi non necessitava di alcun mezzo di trasmissione come le onde eletromagnetiche, inoltre come ebbe modo di notare Plank era necessario, per permettere lo scambio di energia tra un campo eletromagnetico e della materia, considerare l’energia, e la luce, come dei pacchetti discreti di energia dei quanti chiamati fotoni. Successivamente Einstein dimostrò che questi quanti esistevano davvero. De Broglie infine propose che non si potesse prescindere dal fatto che ogni particella del mondo subatomico (elettroni, protoni, neutroni, fotoni, mesoni, etc.) pur essendo particelle si comportassero al contempo come delle onde.

Questa dualità onda/particella sta alla base del sorgere, nei primi del Novecento, della teoria quantistica e di tutti i suoi incredibili principi, tra cui quello fondamentale proposto da Werner Heisemberg, il Principio di Indeterminazione:

secondo tale principio esistono coppie di proprietà che non sono decidibili simultaneamente ad esempio se si essegna una misura precisa alla posizione tutte le misure riguardanti la quantità di moto saranno indeterminate.

Esistono quindi coppie di variabili (dette tra loro non compatibili), come posizione e impulso (velocità), energia e tempo, etc il cui valore non può essere conosciuto simultaneamente con precisione; indipendentemente dall'accuratezza delle misure, uno dei due valori rimane sempre indeterminato e il comportamento della particella non può essere né descritto né previsto. https://www.okpedia.it/data/okpedia/principio-di-indeterminatezza-particella-5.gif 

Tale principio è frutto direttamente del dualismo onda/particella; infatti, come precedentemente detto, De Broglie ha postulato che ogni quanto di energia, luce o materia, possiede una natura ondulatoria. Dunque l’informazione sullo stato di moto di una particella è contenuta nella lunghezza d’onda e nella frequenza. Ora dato che la lunghezza d’onda è inversamente proporzionale alla quantità di moto della particella,  un’onda che ha una piccola lunghezza d’onda corrisponde a una particella che si muove con una grande velocità. Un’onda con frequenza elevata indica che la particella ha grande energia. Dunque lunghezza d'onda e quantità di moto (velocità) sono strettamente collegate. 

Nel momento in cui per definire meglio la posizione di una particella occorre aumentare il numero delle onde all’interno del pacchetto d’onda, dovrà aumentare anche il “numero” delle quantità di moto e quindi anche della velocità del pacchetto d’onda. Per trovare un fotone è necessario confinarlo in un volume più piccolo, occorre comprimere il pacchetto d’onda (curva inferiore). Ma tale “compressione” può avvenire soltanto a spese di un aumento nel numero delle onde di banda diversa componenti il pacchetto d’onda e quindi delle quantità di moto e quindi della velocità. Più si tenta di definire la posizione della particella (confinandola in un volume sempre più piccolo), più questa aumenta la sua velocità e viceversa. https://digilander.libero.it/Dave_Tiongreis/Uncertainty.JPG

Questa indeterminazione impedisce di stabilire, per esempio, in quale direzione, un elettrone sottoposto ad una sollecitazione, emette un fotone. Per riuscire a costruire una serie di probabilità sull’evoluzione di un sistema di particelle subatomiche l’austriaco Erwin Schrödinger formulò un equazione detta appunto equazione di Schrödinger https://image2.slideserve.com/3735382/l-equazione-di-schr-dinger-per-la-particella-libera-l.jpg la quale garantisce una visione deterministica della realtà, si tratta di una particolare equazione differenziale che descrive come si evolvono gli stati fisici che non sono sottoposti ad osservazione. Fissato uno stato ad un certo istante, l’equazione determina sia il grado di probabilità sia come un sistema evolve in un istante futuro, ecco perché è deterministica. Essa ci dice per esempio con quale probabilità si può trovare un elettrone in una determinata regione di spazio in prossimità di un nucleo, dopo che è trascorso un certo tempo dall’arrivo dell’elettrone sull’atomo. Ovviamente essa non ci descrive un solo stato, infatti, mettiamo che ci dica che un elettrone dopo dieci minuti ha una probabilità del 40% di trovarsi in una determinata posizione, esiste sempre il 60% di probabilità che sia in un'altra posizione, anzi in molte altre (le quali per quanto abbiano un percentuale bassissima anche dell’0,00001% non sono da escludere). L’equazione è comunque utilissima perchè appunto è deterministica e lineare cioè può essere letta in base al tempo, come le leggi classiche che ci predicono che una bilia è in un tempo I° in una zona del tavolo, in un tempo II° in un'altra e che necessariamente in un tempo 0 in un’altra ancora, a partire da una qualunque momento. Ovviamente Schrödinger non ci dice il punto esatto ma la probabilità con cui si trova in un punto esatto; per quanto approssimativo ciò è estremamente utile, come sono utili i sistemi probabilistici per vincere all’LOTTO!

Il problema reale invece risiede nell’affermazione “quando non sono sottoposti a misure da parte dell’osservazione”. Infatti quando ci accingiamo a compiere un’osservazione, per il principio di ideterminazione necessariamente modifichiamo lo stato dell’elettrone e, per tornare al nostro esempio, magari siamo proprio noi a spostarlo inconsapevolmente nella posizione che aveva 0,00001% di essere.

Al fine di esemplificare tale fatto si può brevemente esporre il paradosso del gatto di Schrödinger. Si suppone di avere una cavità nella quale è posto un atomo eccitato, l’atomo di conseguenza emette un fotone, che ha la stessa probabilità di colpire la parete destra come quella sinistra della cavità (cinquanta e cinquanta come è ovvio), ma nel caso colpisca quella destra questa emetterà un’impulso elettrico che opportunamente amplificato, produrrà la rottura di una fiala di gas tossico contenuta in una stanza chiusa con dentro un gatto; il gas si espanderà rapidamente ed il gatto morirà; se invece il fotone andrà a sinistra non succederà nulla.  Ora secondo l’equazione di Schrödinger vi è la stessa possibilità che il gatto sia vivo o morto, ma per saperlo dovrò necessariamente aprire la scatola, ma così facendo sarò io stesso a determinare la vita o la morte del gatto compiendo la misurazione ed invalidando l’equazione di Schrödinger. https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/91/Schrodingers_cat.svg Tale processo è detto collasso della funzione d’onda e si verifica ogni volta che si passa dal procedimento lineare dell’equazione di Schrödinger, denominato con la lettera U, a quello ridotto, dall’osservatore evidentemente, R, e non sarà più possibile calcolare lo stato precedente. Tuttavia se non compiamo osservazioni dobbiamo ammettere che il gatto si trova in uno stato che oscilla al 50% tra il vivo e il morto! In sostanza esistono due realtà sovrapposte.

Ricapitolando, la meccanica quantistica afferma tre principi che ci interessano nella disputa tra deterministi ed indeterministi: 1) non esiste una realtà obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle “osservazioni” dell’uomo; 2) le dinamiche fondamentali del micromondo sono caratterizzate dall'acausalità; 3) lo stato oggettivo della materia è caratterizzato da una sovrapposizione di più stati. Se vogliamo salvare il determinismo dobbiamo accettare l’equazione di Schrödinger, e quindi ammettere che vi siano sovrapposizione di stati, come quello vivo/morto del gatto; se vogliamo salvare il principio di una realtà oggettiva dobbiamo ammettere che il fotone è dotato di una propria volontà e decide dove andare ad urtare se nella parete destra o in quella sinistra.

Einstein, pur avendo contribuito alla nascita della Meccanica Quantistica, criticò sempre la teoria dal punto di vista concettuale. Per Einstein era inconcepibile che una teoria fisica potesse essere valida e completa pur descrivendo una realtà in cui esistono delle mere probabilità di osservare alcuni eventi e in cui queste probabilità non sono statistiche ma ontologiche. Einstein non accettava inoltre l'assunto della teoria in base al quale qualcosa esiste solo se viene osservato. Einstein sosteneva che la realtà (fatta di materia, radiazione, ecc...) sia un elemento oggettivo, che esiste indipendentemente dalla presenza o meno di un osservatore e indipendentemente dalle interazioni che può avere con altra materia o radiazione, egli era solito asserire che “Dio non gioca ai dadi”. Per questo egli formulò un paradosso insieme ai fisici Podolsky e Rosen

Nel 1935 3 scienziati scrissero un articolo che intitolava con una domanda la descrizione quantistica della realtà fisica può ritenersi completa?

 Questo articolo ebbe è un impatto estremamente significativo perché proponeva attraverso un'argomentazione, poi passata alla storia come paradosso EPR, che la teoria quantistica fosse incompleta.

Per spiegare il paradosso fu scelto il fenomeno dell'entanglement quantistico: per farci un'idea possiamo pensare a due dadi che si comportano allo stesso modo quando vengono lanciati per cui se io lancio un dado ed esce un numero pari anche l'altro dado dovrà mostrare un numero pari; la cosa interessante e che non possiamo prevedere il risultato prima del lancio, ma solo dopo che questo è stato effettivamente lanciato possiamo acquisire il dato.  Questo come detto dipende proprio dalla natura della meccanica quantistica il famoso collasso della funzione d'onda dovuta alla misurazione.

Al posto del dado prendiamo una coppia di fotoni i quali hanno la possibilità di essere riflessi da uno specchio oppure di non esserlo a seconda del tragitto percorso, in base a quanto abbiamo detto prima a proposito dell'esempio del dado sappiamo che nel momento in cui io vado a misurare il tragitto di uno dei due fotoni determino anche il tragitto dell'altro; risulta pertanto come se le particelle fossero correlate tra loro e si mettessero d'accordo a prescindere dalla distanza che c'è tra di esse.

Immaginiamo adesso di voler misurare il percorso dei due fotoni situati a una distanza tale che nulla neppure la luce possa intromettersi fra le due misurazioni:

Un osservatore che misura il fotone sulla destra dopo aver visto il risultato potrebbe predire in maniera deterministiche il risultato del fotone sulla sinistra senza che tra i due ci sia potuta essere interazione. Ma la velocità massima della causalità cioè del rapporto causa-effetto è appunto quella della luce che è una velocità limite quindi gli effetti della prima misurazione non possono avere inciso sulla seconda, questo sarebbe possibile solo se il risultato del secondo fotone fosse determinato in anticipo e quindi sia presente una qualche variabile che lo spieghi, ma questo contraddice il Principio di indeterminazione di Heisenberg cioè il fatto che non sia predeterminabile l'evoluzione della storia della particella.

L'idea non era quella di contraddire le predizioni della nuova teoria, ma dimostrare che sarebbe stato necessario ricercare una teoria ulteriore capace di colmare le lacune dell'indeterminatezza manifestata all'interno della teoria dei quanti.

Ovviamente si potrebbe obiettare che siccome questo esperimento paradossale poggia su un postulato della teoria della relatività, cioè che nulla viaggia più veloce della luce, sia la stessa teoria della relatività ad essere incompleta o imperfetta. Rimane il fatto straordinario che nei relativi ambiti entrambi le teorie risultino estremamente efficace.

https://www.enzopennetta.it/wp-content/uploads/2017/05/epr.jpg

L’interpretazione classica della meccanica quantistica formulata da Niels Bohr al contrario sosteneva che la realtà (dal punto di vista del fisico, chiaramente) esiste o si manifesta solo nel momento in cui viene osservata anche perché, faceva notare, non esiste neanche in linea di principio un metodo atto a stabilire se qualcosa esiste se non viene osservato.

Sulla base delle idee quantistiche nel 1956 Hugh Everett III formulò l'Interpretazione a Molti Mondi la quale sostiene che ad ogni atto di misurazione corrisponde lo scindersi del nostro universo in una miriade di universi paralleli, uno per ogni possibile risultato del processo di misurazione.

Torniamo a noi, una volta accettata l’interpretazione classica della teoria quantistica sembra che per il determinismo non vi sia più scampo, tuttavia come è facile obbiettare noi viviamo nel mondo dei macro fenomeni e non nei nuclei degli atomi. È opinione dei fisici che un sistema macroscopico non si trovi praticamente mai in una sovrapposizione di stati, in quanto è impossibile che sia completamente isolato dall’ambiente circostante. Basterebbe che anche solo un piccolo atomo lo colpisse e si verificherebbe il collasso della funzione d’onda. Lo stesso gatto di Schrödinger se rimane in una sovrapposizione di stati ci rimane per un tempo infinitivamente piccolo e nemmeno lui stesso potrebbe accorgersene. Inoltre per quanto io possa osservare una macchina, che pure è composta di elettroni e protoni, certo questa non si sposta ne cambia velocità. In sostanza pare che anche se nell’universo c’è qualcuno che può eludere il determinismo e la concatenazione causale degli eventi questi non siamo né noi né gli oggetti con cui abbiamo a che fare nella nostra vita sociale.

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