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Il sito è a cura del prof. Bernardo Croci, attualmente insegnante di filosofia presso il Liceo delle Scienze Umane Galilei di Firenze.

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Mentre l’indirizzo politico della Prima Internazionale (Internazionale dei Lavoratori nata nel 1864) era tutt’altro che definito, si pensi alla coesistenza di anarchici marxisti e mazziniani e agli scontri che ne portarono alla frammentazione e scioglimento nel 1874, la Seconda Internazionale o Internazionale Socialista risultava essere molto più omogenea sotto il profilo ideologico all’atto della sua fondazione nel 1889. Inoltre essa era una federazione di partiti più che non un’associazione a se stante il che la rendeva molto più flessibile della prima. Tale omogeneità era data sia dalla scelta di radunare in questa organizzazione solo i partiti e le correnti marxiste sotto un programma che ne permettesse comunque ampia autonomia, ma dall’altro anche dal contributo filosofico e politico di Engels che ne assunse la guida fino alla morte nel 1895.            https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTI9Yn7FPVsSkSuh1Tkg-vrFxqOcSRGjyJPT-1EgGeHhfdVrNrlLQ

Se da un lato Engels rappresenta l’ortodossia marxista, essendo coautore con Marx degli elementi fondamentali del marxismo, egli esprime anche elementi originali e innovativi.

Friedrich Engels, nato a Barmen nel 1820 in Germania da una ricca famiglia borghese, si avvicina alla sinistra hegeliana e poi alle idee socialiste di Moses Hess. Dopo aver visitato una fabbrica inglese gestita dal padre egli rimase estremamente turbato dalle condizioni dei lavoratori, da questa esperienza nace lo scritto La situazione della classe operai in Inghilterra pubblicato nel 1845. Nel frattempo entra in contatto con Marx con cui scriverà La Sacra famiglia, L’ideologia tedesca, Il Manifesto del partito comunista.

Nel 1878 scrive l’Anti-Dühring contro il filosofo positivista Eugen Dühring. Alla morte dell’amico Marx si occupa della pubblicazione del secondo e del terzo libro del Capitale e come già ricordato guiderà nei primi anni la Seconda Internazionale. Tra le altre sue opere L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato del 1884; L. Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca del 1886; la sua opera più nota, benché pubblicata postuma, Dialettica della natura. Engels muore a Londra nel 1895. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSwaBao-3lqCReA4UHFPkDuug1u6p9j0oUY1y3fE96jcteSZ2Rn

L’opera politica di Engels risulterà estremamente complessa negli ultimi anni della sua vita, a partire dalla fine del ‘800, infatti, i partiti socialisti non sono più piccole realtà politiche ma stanno per costituirsi in grandi organizzazioni ognuna con peculiari particolarità e accenti, si pensi alla diversità che intercorreva tra il partito social democratico tedesco e quello francese, composto anche dagli ex comunardi. Inoltre le vicende storiche, come la sconfitta della Comune di Parigi, la politica del socialismo di cattedra di Bismarck, l’estensione del suffragio e le politiche sociali degli stati, facevano pensare alla necessità di una revisione delle dottrine di Marx. http://www.sapere.it/mediaObject/gedea/images/1014/La-Comune--979604/original/10149052.jpg

Il dibattito interno all’Internazionale era tra chi, estremizzando le posizioni dei socialdemocratici, voleva abbandonare la pratica rivoluzionaria aderendo al riformismo parlamentare come Eduard Bernstein, e tra chi si schierava per un’immediata insurrezione considerando la dirigenza dell’Internazionale troppo moderata come il francese Georges Sorel ma anche i tedeschi Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRvN7ed90RP1PokWiF7-mQ79wlTQ3oHbjkSGfLR9pNGqsU_ybNs

L’opera di Engels, e in parte di Kart Kautsky che lo sostituì alla morte, fu quella mantenersi fedeli alla dottrina marxista dando però estrema importanza alle lotte intermedie del processo rivoluzionario, nonché alla partecipazioni alle elezioni e al contributo per la realizzazione di riforme come quella sul diritto di sciopero. Essi non rinunciano alla prospettiva rivoluzionaria, che credono sia inevitabile a causa dell’incapacità della borghesia di gestire le sue stesse contraddizioni, ma al contempo ritengono fondamentale la lotta e l’organizzazione politica. Va sottolineato, che malgrado il loro sforzo, anche la Seconda Internazionale finirà per lacerarsi a causa delle diatribe interne scoppiate tra rivoluzionari e riformisti.

Per quanto complesso sia l’argomento è possibile rinvenire già all’interno delle scelte e posizioni politiche le sue idee più propriamente filosofiche. Egli manifesterà si una certa adesione al clima positivista, che tutto sommato rappresentava il continuum con l’Illuminismo, ma senza rinunciare alla struttura dialettica della storia e all’idea che vi sia oltre al mero meccanicismo anche una dimensione storico-culturale.

Per quanto riguarda la sfera politica queste tesi si evincono nel non voler applicare meccanicamente il marxismo e al contempo di non negare la necessarietà del suo sviluppo.

Per quanto riguarda i temi più propriamente filosofici Engels, sia nell’Anti-Dühring che nella Dialettica della natura, si sforza di delineare un materialismo dialettico che sia in grado di dar ragione non solo dei fenomeni umani e storici, ma anche di quelli naturali. Egli esordisce criticando Dühring che aveva negato ogni valenza scientifica alla dialettica hegeliana in virtù dell’adesione ad un estremo materialismo meccanicistico. Secondo Engels, invece, la dialettica quando non è contaminata dall’astrattezza della logica e del mondo ideale, mantiene il suo valore scientifico.

Se da un lato le scienze hanno un loro fondamento, e non devono essere confuse con il sapere filosofico, esse tuttavia non posso essere considerate come astoriche, previo risultare ancora più dogmatiche della stessa filosofia hegeliana. Pertanto vi si possono rintracciare in esse le stesse regole dialettiche che agiscono nella storia degli uomini.

A dimostrazione di ciò Engels formula tre leggi dialettiche che risultano essere alla base della realtà naturale, ovvero di tutto l’essere. Esse sono:

  • la legge della conversione della quantità in qualità e viceversa, ovvero che attraverso l’aumento e la diminuzione graduale di una certa quantità interviene anche una modifica qualitativa e viceversa. Un esempio è dato dall’energia cinetica di un corpo, la quale se incrementata, produce cambiamenti nella struttura del corpo in virtù del calore che ne scaturisce. https://www.rosarioberardi.it/sitoberardi/centralielettrichenew/IMMAGINI/meccanica.jpg
  • La legge della compenetrazione degli opposti, ovvero che ogni natura ne ha una opposta con cui è necessariamente collegata, si pensi alla polarità dell’energia elettrica.

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  • La legge della negazione della negazione, ovvero che ogni oggetto inserito nei processi di cambiamento deve negare se stesso per mutare natura, così come il seme nega se stesso per diventare una pianta.

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Sulla base di queste tre leggi Engels afferma anche la permanenza della materia la quale subisce si dei cambiamenti ma non può essere annichilita. Lo stesso Universo può terminare solo in quanto da origine ad un nuovo universo. Una sorta di teoria ciclica che vede alternarsi generazioni e conflagrazioni, o per dirla con termini attuali, di big bang e big crunch.                      http://www.sciencebuzz.org/sites/default/files/images/SciAm_Big%20Bounce.jpg

La presa di coscienza della missione storica del proletariato, destinato a costruire la società senza classi dove l’essere umano può realizzarsi, è possibile grazie alla guida del Partito Comunista che è l’organizzazione espressione della classe lavoratrice. Il processo di trasformazione dalla società capitalistica a quella socialista non può essere pacifico, perché il capitalismo non può essere riformato in quanto le sue leggi, e non la bontà o cattiveria degli uomini, ne determinano la sua natura ingiusta. Ovviamente i capitalisti non staranno a guardare e si organizzeranno in movimento cotro-rivoluzionario, questo è il motivo per cui il primo passo sarà l’occupazione delle istituzioni statali e non la loro soppressione. Questa fase è denominata dittatura temporanea del proletariato, la quale non esclude la coercizione come strumento essa risulta funzionale alla liberazione dell’uomo e sarà abbandonata una volta che si sarà formato l'uomo nuovo.

Una volta superata la fase di transizione lo Stato stesso non sarà più necessario. La società comunista è finalmente la società in cui, abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione, finita la lotta di classe, restituita piena dignità al lavoro, dove ciascuno dà secondo le proprie capacità e riceve secondo i propri bisogni, in armonia e giustizia.

Abbiamo già visto sopra che il primo passo nella rivoluzione dei lavoratori è l'elevazione del proletariato a classe dominante, la conquista della democrazia.

Il proletariato userà il suo potere politico per strappare progressivamente alla borghesia tutti i suoi capitali, per centralizzare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, dunque del proletariato organizzato in classe dominante, e per moltiplicare il più rapidamente possibile la massa delle forze produttive.

In un primo momento ciò può accadere solo per mezzo di interventi dispotici sul diritto di proprietà e sui rapporti di produzione borghesi, insomma attraverso misure che appaiono economicamente insufficienti e inconsistenti, ma che nel corso del movimento si spingono oltre i propri limiti e sono inevitabili strumenti di trasformazione dell'intero modo di produzione.

Queste misure saranno naturalmente differenti da paese a paese.

Per i paesi più sviluppati potranno comunque essere molto generalmente prese le misure seguenti:

1)Espropriazione della proprietà fondiaria e impiego della proprietà fondiaria per le spese dello Stato.

2)Forte imposta progressiva.

3)Abolizione del diritto di successione.

4)Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e ribelli.

5) Centralizzazione del credito nelle mani dello Stato attraverso una banca nazionale dotata di capitale di Stato e monopolio assoluto.

6) Centralizzazione di ogni mezzo di trasporto nelle mani dello Stato.

7)Moltiplicazione delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano sociale.

8)Uguale obbligo di lavoro per tutti, costituzione di eserciti industriali, specialmente per l'agricoltura.

9) Unificazione dell'esercizio dell'agricoltura e dell'industria, misure volte ad abolire gradualmente la contrapposizione26 di città e campagna.

10)Educazione pubblica e gratuita di tutti i bambini. Abolizione del lavoro dei bambini nelle fabbriche nella sua forma attuale. Fusione di educazione e produzione materiale, ecc., ecc.

Una volta sparite, nel corso di questa evoluzione, le differenze di classe, e una volta concentrata tutta la produzione nelle mani degli individui associati, il potere pubblico perderà il suo carattere politico. Il potere pubblico in senso proprio è il potere organizzato di una classe per soggiogarne un'altra. Quando il proletariato inevitabilmente si unifica nella lotta contro la borghesia, erigendosi a classe egemone in seguito a una rivoluzione, e abolendo con la violenza, in quanto classe egemone, i vecchi rapporti di produzione, insieme a quei rapporti di produzione esso abolisce anche le condizioni di esistenza della contrapposizione di classe, delle classi in genere, e così anche il suo proprio dominio in quanto classe.

Al posto della vecchia società borghese con le sue classi e le sue contrapposizioni di classe, subentra un'associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti. (Marx, Egesls, Il manifesto del partito comunista)

La storia sociale degli uomini non è altro che la storia del loro sviluppo sociale, ne siano essi coscienti o no. I loro rapporti materiali sono alla base di tutti i loro rapporti.

L’essenza dell’uomo è infatti caratterizzata da due elementi fondamentali la sua componente materiale, come ha già affermato Feuerbach, ma anche dalla suo essere realtà storica e quindi legata ai processi storici come detto da Hegel. Questi due aspetti sono ricondotti alla sfera economica che rappresenta il vero motore evolutivo della storia.

L’insieme degli elementi che costituiscono l’economia di una realtà sociale sono identificati nella STRUTTURA di ogni società, la struttura è suddivisa in mezzi di produzione, forze produttive, rapporti di produzione e tecniche e sistemi di produzione. Tra questi elementi vi è uno strettissimo rapporto, con il mutare dei mezzi di produzione mutano le forze produttive e di conseguenza i rapporti di produzione e i sistemi produttivi. Per esempio: con l’introduzione dell’agricoltura e i suoi strumenti ad esempio la zappa (mezzo di produzione) https://www.presepicampanile.com/3473-large_default/uomo-con-aratro.jpg , le popolazioni i cacciatori sono diventati agricoltori (forze produttive) https://www.potenzanews.net/wp-content/uploads/2017/10/CONTADINI.jpg , le bande si vanno organizzando e si suddividono in classi guerrieri da una parte e agricoltori dall’altra (rapporti di produzione) https://2.bp.blogspot.com/-q4DUAROPayA/Wc1ihDiemvI/AAAAAAAAdw4/mYNoEY10XiUiRIh4_b3QOIko9YzwrGH6gCLcBGAs/s1600/paleolitici-min.jpg, si passa dalle tribù dei nomadi alle società stanziali (sistema produttivo). https://www.pomezianews.it/wp-content/uploads/2015/03/10925469_1547548242152041_7645500385416087126_o.jpg

Dalla struttura si genera la SOVRASTRUTTURA che è l’insieme dei prodotti ideali e culturali, come la religione, le leggi, la filosofia, le arti e la scienza. Essa non è una creazione slegata dalla struttura economica ma scaturisce in modo determinato da essa. La sovrastruttura serve a giustificare a posteriori la struttura stessa da parte della classe che detiene i mezzi di produzione e governa i rapporti di produzione.

La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini. […] Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia. (K. Marx, L’ideologia tedesca)

In questa ottica si introduce anche la differenza che intercorre nell’interpretazione del fenomeno religioso secondo Marx rispetto a Feuerbach. Mentre per Feuerbach la religione, l’idea di Dio, nasce dall’uomo che sentendosi inadeguato proietta in un essere perfetto le sue caratteristiche per potersi affidare a lui. Per Marx la religione è il costrutto della classe dominante per giustificare la sottomissione delle classi subalterne, essa serve per distrarre i popoli dalle loro sofferenze promettendo un’altra vita in cambio delle sofferenze di questa, così che essi non si ribellino ai loro dominatori.

 Il rapporto di subordinazione tra la sovrastruttura e la struttura rappresenta il nucleo del materialismo storico. Esso pur non configurandosi come un rigido determinismo, previo ammettere che le stesse idee di Marx siano funzionali alla classe dominate, risulta essere un rapporto di dipendenza unidirezionale. Pertanto se si vuole modificare la sovrastruttura di una realtà sociale è necessario modificare la struttura partendo dai mezzi di produzione e dalle forze produttive.

È in questa ottica che diviene necessario l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione i quali determinano non solo l’alienazione ma l’intera struttura economica del modello di produzione capitalistico.

 

Il materialismo dialettico, che vede il susseguirsi delle lotte tra classi (dominante e subalterna) risulta essere l’elemento decisivo per i processi di cambiamento. Così come in passato la lotta tra aristocrazia e borghesia ha determinato il passaggio dalla società feudale a quella borghese, così la lotta tra capitalisti e proletari porterà, in virtù del carattere progressivo e necessario della storia, alla costruzione della società comunista.

Le condizioni borghesi di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la moderna società borghese, che ha evocato come per incanto così potenti mezzi di produzione e di scambio, rassomiglia allo stregone che non può più dominare le potenze sotterranee da lui evocate. […] Le armi con cui la borghesia ha abbattuto il feudalesimo si rivolgono ora contro la borghesia stessa. (K. Marx, Manifesto del Partito comunista)

 

 

 

Dal il 1850 Marx inizia la stesura dell’opera Il Capitale. Con essa Marx intende dimostrare scientificamente le sue critiche agli economisti in particolare a A. Smith e D. Ricardo. Il progetto iniziale prevede la stesura di quattro libri, ma solo il primo vedrà le stampe per mano di Marx nel 1867. Il primo libro del Capitale ha come sottotitolo “Critica all’economia politica” ed è dedicato al processo di produzione del capitale, in esso troviamo la celebre teoria del valore, e la descrizione del modello di produzione capitalistico.

Il secondo e terzo libro, dedicati relativamente a “il processo di circolazione del capitale” e il “processo complessivo della produzione capitalistica” non verranno dati alle stampe da Marx, malgrado egli vi lavori fino alla sua morte nel 1883, non riterrà di aver raggiunto i risultati desiderati. Essi saranno pubblicati postumi da Engels rispettivamente 1885 e nel 1895 grazie al riordino dell’enorme mole di materiale lasciato da Marx. Un ipotetico quarto libro, sulle “teorie del plusvalore”, apparirà, a cura di Karl Kautsky, nel 1905.

Nel condurre la “critica” all’economia politica Marx vuole compiere un’opera di smascheramento del modello capitalista borghese, tale analisi gli vale il primato, per così dire, tra gli autori della così detta “scuola del sospetto” (termine coniato da Paul Ricœur che indica le filosofie di Marx, Nietzshe e Freud). Egli mostrerà come il modello capitalista è ben lungi da essere una scelta obbligata, ma è il frutto di una ben precisa organizzazione economica legata ad un certo grado di sviluppo sociale, e che le adombrate giustificazioni economiche sono solo il frutto di intrecci tra verità e posizioni di potere.

La critica condotta da Marx trova il suo perno principale nell’analisi delle merci https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSR_Czkqmn_Lr2mrjr6leKFUafbKRJnk-36WxCJH_qFh3O-3ZoG Quest’ultime sono al centro dell’economia capitalistica che si basa appunto sulla produzione e vendita di beni attraverso il denaro che funge da merce universale di scambio. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRBaZeJ6pyHvWW_HIEabRHQUf6j2KHH9FB6rxj-4q9QBg3Jxdc3

Ogni merce è dotata di un valore d’uso, che è legato alla capacità di una merce di rispondere a determinati bisogni, e di un valore di scambio, ovvero, la possibilità che la medesima possa essere scambiata con altre merci ed in particolare con il denaro, che come si è detto funge da merce universale. Tuttavia, scrive Marx, il valore prodotto dal lavoro non coincide con il prezzo di una merce. La società capitalista ha, per così dire, fatto credere che il valore di una merce sia intrinseco alla merce stessa, costruendo quello che Marx definisce feticismo delle merci ma in realtà non è così. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRngcL3spKAbS867ob3d8w0L8dUper28paEht25tgmrp3akmmMJ

Questo è dovuto al processo di astrazione del lavoro stesso, che è trattato dal capitalista come fosse esso stesso una merce. Infatti, nel processo di definizione del prezzo di una merce, non si tiene conto del lavoro effettivamente impiegato, se il capitalista pagasse l’operaio effettivamente per il tempo che ha impiegato a produrre il bene non rimarrebbe nulla nelle mani del capitalista. Il capitalista invece paga l’operaio solo per il valore che serve a produrre il lavoro stesso, ovvero il cibo necessario al suo sostentamento all’interno della società.

Questa ridefinizione del valore delle merci così come del costo della forza lavoro è reso necessario dal modello di produzione capitalistico. Infatti il capitalista non vede della merce per comprare altra merce (secondo la formula M-D-M) ma investe del denaro in merci per creare ancora più denaro ed aumentare il capitale di partenza (secondo la formula D-M-D’ dove D’ sta per sta per più denaro di quello investito o plusvalore). Ora come è possibile generare più denaro da una quantità denaro acquistato della merce? La strada più semplice sarebbe quella di aumentare il prezzo della merce, ma questo poterebbe ad un guadagno effimero, perché se ciò viene fatto da tutti i produttori si avrebbe solo un aumento generalizzato dei prezzi, ma non un guadagno in termini di capitali, infatti il denaro richiesto in più per vedere una merce sarebbe speso in più per comprarne un’altra.

Marx spiega che il capitalista ha a disposizione due tipologie di merci acquistabili che sono il capitale costate, dato dalla somma delle materie prime e dei macchinare per lavorarli, e il capitale variabile, ovvero il denaro utilizzato a pagare il lavoratore per l’impiego della sua forza lavoro. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTFyLkJ1d69ozOPVaA06bSreKi0pqkQca3q3kI5ZYQsJg3QEAAKCw Mentre non è possibile guadagnare sul capitale costante è possibile farlo sul capitale variabile, ovvero sulla manodopera venduta dagli operai. Questo è possibile perché il capitalista non paga tutto il tempo che l’operaio impiega a produrre una merce, o un insieme di merci, ma solo il tempo che vale il denaro per il suo sostentamento. Se per sopravvivere un operaio necessita di lavorare quattr’ore il capitalista pagherà le quattr’ore ma al contempo chiederà all’operaio un lavoro di dodici ore per produrre il quantitativo di merce necessaria a generare il plusvalore. Possiamo affermare che il plusvalore è dato dal pluslavoro ovvero da un sopralavoro che corrisponde ad una quantità supplementare di lavoro preteso dal capitalista, ma non pagato.

[…] lo farà lavorare, supponiamo, dodici ore al giorno. Oltre le sei ore che gli sono necessarie per produrre l’equivalente del suo salario, cioè del valore della sua forza-lavoro, il filatore dovrà lavorare oltre sei ore, che io chiamerò le ore di sopralavoro, e questo sopralavoro si incorporerà in un plusvalore e in un sopraprodotto. (K. Marx, Salario, prezzo, profitto)

Con l’introduzione delle macchine è possibile aumentare la produzione risparmiando ulteriormente sul numero di operai da dover stipendiare, inoltre le macchine garantiscono una maggior produzione a parità di tempi ciò fa ulteriormente aumentare il plusvalore ovvero il divario tra il valore della produzione e quanto corrisposto al lavoratore. https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSqD4LAhTbsZhuUTpLGC8HE2JX7Fjcs5-LY5iJNvlPeBZmm6cxr

Tuttavia Marx nota che il sistema capitalistico è tutt’altro che perfetto. Esso piò incorrere in crisi di sovrapproduzione generate dall’aumento delle merci che però in mancanza di ricchezza diffusa rimangono invendute. Nello scontro tra capitalisti si assiste infatti alla sempre maggior concentrazione di capitali e di conseguenza di ricchezza e all’esponenziale impoverimento dei lavoratori e di conseguenza dei potenziali consumatori.

Un altro elemento legato al carattere anarchico della produzione capitalistica è il rapporto tra capitale costante e capitale variabile. Il capitalista per aumentare la produzione e rimanere al passo con gli altri capitalisti è costretto ad investire sempre più in capitale costante, vedendo di conseguenza diminuire il margine di guadagno trattandosi di un costo fisso.

Queste crisi portano alla caduta (minor plusvalore) tendenziale del saggio di profitto e di conseguenza all’aumentare dello sfruttamento dei lavoratori e degli scontri tra Capitalisti, tali scontri possono anche sfociare in guerre imperialiste volte a conquistare manodopera a basso costo o guerre interimperialiste ovvero tra nazioni di capitalisti per distruggere la concorrenza. Mentre i capitalisti vincenti diventano sempre più ricchi, i capitalisti perdenti vanno ad aggiungersi al proletariato. Di fronte alla crescente povertà dei molti a favore della ricchezza di pochi non rimane che lo scontro frontale tra proletari e capitalisti, esso risulta una conseguenza dialettica necessaria del materialismo storico. http://www.umanitanova.org/wp-content/uploads/2015/03/f.jpg

Nella società borghese, il lavoro non è uno strumento di realizzazione dell’uomo, ma è all’origine dell’alienazione dell’individuo. Nella società borghese, i lavoratori sono esclusi dalla proprietà dei mezzi di produzione e ciò che essi producono non gli appartiene, ma è proprietà del capitalista che detiene i mezzi. Il proletario che possiede solo la propria forza lavoro è costretto a metterla al servizio del capitalista in un contesto di disuguaglianza reale e di ingiustizia. L’operaio quindi non afferma se stesso tramite il lavoro come vorrebbe la sua natura ma si nega, di conseguenza non si sente appagato ma infelice.

Il lavoro resta esterno all’operaio, cioè non appartiene al suo essere, e l’operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensì si nega, non si sente appagato ma infelice.

(K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844)

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Per Marx l'alienazione è un fatto reale di natura socio-economica essa dipende direttamente dalle condizioni del lavoratore salariato all'interno della società capitalista. Vi sono per Marx quattro forme di alienazione a cui è sottoposto il lavoratore. Vi è un’alienazione rispetto al prodotto della sua attività, in pratica il lavoratore produce un oggetto, attraverso la sua forza lavoro, che però non gli appartienehttps://i.pinimg.com/736x/35/89/fd/3589fd56fd52ab8878683a518173a4b1.jpg; vi è un’alienazione rispetto alla sua attività lavoratrice, infatti, il lavoratore non è libero di lavorare ma è costretto per fini estranei alla propria esistenza a svolgere determinate mansioni, egli viene trattato dal capitalista come se fosse una bestia e non un uomohttps://www.approdonews.it/giornale/wp-content/uploads/2019/02/manufatto-storico-lungomare-reggio-calabria.jpg. Da queste due forme di alienazione ne scaturiscono altre due, ovvero l'alienazione verso l'essenza stessa dell'uomo, che viene trasformato da individuo creativo e libero a macchina che compie sempre la stessa mansione ripetitiva http://www.consecutivo.it/wp-content/uploads/2018/11/asvc.jpg; l'alienazione sociale o rispetto al prossimo, il lavoratore infatti non realizza la propria natura sociale in comunione con gli altri individui in quanto è trattato dal capitalista come mezzo e non come persona.  https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSCZiSUe10lHStoJMIin57g7kIuIIIigGSPXbiBAWftVNL3TeRL  

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